Culture della pace. Dibattiti religiosi e politiche dell'Unione

Le frontiere dell'Europa

Seminario di cultura europea, marzo - aprile 2005


In un mondo che continua a sguainare le spade senza forgiarle in vomeri (Isaia, 2,4) la questione della pace coinvolge le coscienze e suscita fremiti di scandalo di fronte all’orrore della guerra. Oltre che fondamentale questione etica per ogni individuo, la promozione della pace si sta tramutando in criterio di schieramento politico: nella crisi degli stati-nazione la mobilitazione pacifista assume connotati trans-nazionali, mentre nel tramonto del bipolarismo ideologico – che vorrebbe risucchiare anche le antiche differenze tra destra e sinistra – la pace pare offrire un nuovo principio di appartenenza. In nome del dialogo e della soluzione politica dei conflitti globali si viene formando una larga area d’opinione capace di incidere nella sfera pubblica europea. Pace e riconciliazione sono d’altronde matrici profonde dell’identità europea, perché la visione dell’Europa unita nasce nel dopoguerra come progetto di pace, immaginando le istituzioni comuni e l’integrazione tra i popoli come protezione contro la barbarie e le atrocità consumatesi sul suolo europeo. La memoria traumatica della Shoah, coi differenti tempi della sua acquisizione da parte delle élite intellettuali e della coscienza collettiva, permane come elemento costitutivo di un’identità europea pacificata ma non smemorata.
Intento del seminario del Centro Studi Religiosi è documentare il contributo che chiese e comunità religiose d’Europa stanno dando al dibattito sulla pace. Privilegiando un approccio pluralistico e comparativo, ci si prefigge di offrire elementi di conoscenza e di riflessione sulle opzioni morali, politiche e giuridiche implicate dalla questione.
Quadro cruciale di riferimento è il Trattato costituzionale dell’Unione Europea firmato a Roma nell’ottobre 2004, nel quale si stabilisce che «l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli» (art. I-3). Mentre si leggono qui in filigrana le molteplici radici spirituali e culturali dell’identità europea, e si intravedono i criteri complessivi che orientano la politica di sicurezza comune dell’Unione, non si può tacere che all’interno della Convenzione Europea cui è spettato stilare la bozza del Trattato si è svolto un dibattito sull’opportunità di includere nella Costituzione Europea un esplicito «ripudio della guerra». Tale proposta, infine non accolta, evidenzia da un lato la diversità di piani tra la Costituzione dell’Unione e quelle di stati-membri quali l’Italia, cogliendo dall’altro in azione la cultura pacifista europea, nutrita in larga misura da molteplici ispirazioni religiose.
Il compito storico dell’Unione nella promozione della pace – inscritto nel Trattato costituzionale – si traduce in ruolo da giocare nell’ordine internazionale facendosi portatrice dei valori di dignità umana, giustizia e solidarietà. Un ordine mondiale fondato sulla concomitante promozione di diritti fondamentali, giustizia e sviluppo sociale era già stato auspicato nella Pacem in terris (1963), documento che sembra assumere un valore profetico e visionario se letto rispetto all’attuale scenario globale. Riflettendo sull’eredità dottrinale e spirituale della lettera enciclica di Giovanni XXIII si possono anche misurare in un arco di periodizzazione assai ampio le posizioni prese dalla Chiesa cattolica sulla pace globale.
Compito dei singoli e non solo delle istituzioni, la promozione della pace è al cuore di multiformi iniziative che testimoniano il vincolo stretto tra sete di giustizia e apertura interreligiosa. Da questo punto di vista nella società civile europea si riscontrano significativi tentativi di costruire la pace “dal basso”, attraverso i canali dei movimenti, delle ONG, di una diplomazia parallela nella quale pastorale ed etica dell’intenzione, cultura del dialogo e pratiche di solidarietà si congiungono per dare senso e sostanza all’ideale della famiglia del genere umano. Le convergenze inattese e l’incidenza che tali fenomeni di «subpolitica» (Ulrich Beck) possono esercitare sulla governance europea costituiscono un importante caso di rinascita della partecipazione democratica e per altro verso indicano l’impatto provocato dalla ricomparsa delle convinzioni religiose nel foro pubblico.
A tale sfera pubblica appartengono a pieno titolo anche le varie comunità islamiche insediate – spesso da più generazioni – sul suolo europeo. Soggetto cruciale nel dialogo tra civiltà, portatrici di complesse istanze di pace e riscatto sociale, esse rappresentano un contesto fondamentale da analizzare con cura, per evitare i rischi speculari dell’«orientalismo» (Edward W. Said) e dell’«occidentalismo» (Ian Buruma e Avishai Margalit). Attraverso l’inclusione degli islamici europei nel dibattito sulla pace diviene evidente come l’Europa si trovi dinanzi a un’occasione storica per configurarsi come laboratorio di convivenza.

Riepilogo

Anno accademico
Tema
  • Culture della pace
Periodo
Informazioni e contatti La partecipazione è libera. Su prenotazione sono resi disponibili saggi, documenti e materiali informativi che permettono l’approfondimento delle singole lezioni. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione. Il seminario è stato inserito tra i corsi di formazione di carattere regionale per l’Anno Scolastico 2004/2005 – Decreto n. 312 Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna.. Le lezioni si tengono presso la Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5, Modena, Tel. 059/421240, fax 059/421260
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