Uguaglianze imperfette

Cittadinanza e nuove forme dell'esclusione sociale

  • venerdì 06 Dicembre 1996 - 17,30
Centro Culturale

La cittadinanza sociale rappresenta quell’insieme di diritti sociali che si sono sviluppati nelle società moderne, e in modo particolare dal dopoguerra ad oggi, cui i sistemi di stato sociale hanno dato risposta istituzionale. La sua introduzione è stata perciò, storicamente, una strategia politica di attacco alla disuguaglianza, o meglio, a dei livelli di disuguaglianza tali da impedire ad una parte della comunità sociale di vedersi garantiti degli standard di vita ritenuti compatibili con le società in cui viviamo. Si tratta cioè di quegli aspetti dell’esistenza che le nostre società considerano indispensabili per i singoli individui come per la stessa vita di comunità. Il diritto alla tutela della salute, all’educazione, a forme di assicurazione contro rischi sociali come la disoccupazione o la vecchiaia, ecc., fanno ormai parte del nostro patrimonio di diritti. Questo ha d’altronde significato un’articolazione del rapporto fra individuo e organizzazione sociale ben al là della cittadinanza giuridica che regola i rapporti di sovranità e di soggezione politica dei membri di una nazione. Anzi, la cittadinanza giuridica, come categoria uniforme che si applica alla popolazione del territorio di uno stato nazionale, finisce per mascherare una pluralità di cittadinanze reali o “sociologiche” che popolano diversamente quel territorio.

Proprio quest’idea del diritto alla base dell’organizzazione del sociale si trova oggi rimessa sempre più in discussione. Assistiamo ad un processo di erosione della cittadinanza sociale dovuto agli attacchi di ogni sorta contro le politiche sociali, i diritti sociali, i servizi sociali. Il dibattito odierno sulla cittadinanza tende soprattutto a considerare i problemi legati alle differenze culturali e all’identità, fino a riscoprire concetti che avremmo considerati volentieri come superati, quali razza ed etnia, e a trascurare i problemi di diseguaglianza che il concetto di cittadinanza sociale ha tentato in qualche modo di regolare.
La diseguaglianza è fuori moda. Ma come non vedere che l’insistenza sull’identità sostiene, invece di criticarli, atteggiamenti di ripiegamento su comunità sempre più vicine, e perciò sempre più piccole, sempre più escludenti, fino al revival dei nazionalismi? Che insomma le conseguenze di quest’erosione della cittadinanza sociale vanno ben al di là della semplice critica all’inefficienza di certi servizi?

Illustrerò questo processo di erosione dei diritti sociali attraverso l’analisi degli orientamenti predominanti in ambito di politiche sociali verso la povertà. I meccanismi d’individualizzazione ch’esse tendono a reintrodurre finiscono per rimetterci di fronte ad una vecchia alternativa: la carità o il mercato. Che poi non sono un’alternativa, poiché né l’una né l’altro, come ben sappiamo, sono stati capaci di affrontare efficacemente il problema della povertà. Né sembra in grado di migliorarne l’efficacia la tendenza diffusa ad associare sempre di più l’analisi dell’emarginazione con quella della città, fino a dare di quest’ultima una sorta di luogo simbolico dove si concentra l’insieme dei problemi sociali odierni: emarginazione, povertà, disgregazione familiare, droga, ecc.

D’altronde, più che della città, è delle sue periferie che si tratta, di quella modernissima forma di campagna che assedia le metropoli odierne – e anche quando, come nel caso di certe metropoli americane, si parla di inner-city ghettos, spesso situati nel cuore della città, il meccanismo della segregazione consente di trattarli come entità spaziali estromesse dalla città. L’effetto di questo slittamento dell’analisi dell’emarginazione dal sociale, e quindi dalle categorie ad esso collegate, all’urbano e alle sue categorie specifiche – la segregazione spaziale -, è che i processi sociali di disuguaglianza che attraversano la società normale, nella sua organizzazione del lavoro, dei servizi, dei ruoli, nella distribuzione del potere, nella valorizzazione delle funzioni, ecc., tendono a sparire dall’analisi, la quale si concentra invece sulla marginalità, sulla povertà colta nel suo territorio – sia esso quello spaziale, il quartiere a rischio, o quello soggettivo, l’identità culturale. É l’analisi, oggi di moda, dell’esclusione sociale, la quale non solo confonde sotto quest’etichetta problemi sociali disparati, ma in più tende ad occultare che si tratta non di una condizione, ma di un rapporto. Invece d’indagare la rete di disuguaglianze che produce la povertà, si concentra sul territorio in cui si riproduce.

Riferimenti Bibliografici


- Marshall T.H., Cittadinanza e classe sociale, Torino, UTET, 1963;*
- Sen A.K., La diseguaglianza, Bologna, Il Mulino, 1994;*
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- McAll C., Class, Ethnicity and Social Inequality, Montréal, McGill University Press, 1990;
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- Castel R., Les métamorphoses de la question sociale, Paris, Fayard, 1995;*
- Rosanvallon P., La nouvelle question sociale, Paris, Seuil, 1995;*
- Paugam S. (a cura di), L'exlusion sociale. L'état des savoirs, Paris, La Découverte, 1996;*
- Paci M., La sfida della cittadinanza sociale, Roma, Lavoro, 1990;
- Negri N. (a cura di), Povertà in Europa e trasformazione dello stato sociale, Milano, Angeli, 1990.

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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