Opere scelte/9. I concili e la chiesa (1539)


Il recente interesse in Italia per il pensiero del Lutero della maturità a livello di studi e traduzioni ci consente di avere finalmente a disposizione in una pregevole versione italiana, con un apparato di note che testimonia l’acribia storico-filologica e gli interessi teologici del curatore Giuseppe Ferrari, lo scritto tedesco che Lutero ritenne la summa del suo pensiero ecclesiologico. Siamo di fronte tuttavia ad uno scritto d’occasione, ricco di sarcasmo e denso di riferimenti polemici al papato e alla chiesa romana, redatto da Lutero nell’attesa che si concretizzasse la convocazione del Concilio, più volte annunciata da Paolo III e più volte rinviata. Lutero, a distanza di due decenni dalla consumazione della rottura con il papato e dall’equiparazione tra il pontefice e l’Anticristo, ribadisce il suo scetticismo nei confronti della capacità che un concilio che si svolga sotto il controllo papale possa procedere ad una vera restaurazione del Vangelo nella sua purezza e ad una vera riforma della chiesa. Il Riformatore, ormai da lungo tempo “teologicamente” persuaso della fallibilità delle decisioni dei padri conciliari, e non solo di quelle pontificie e del diritto canonico, anche in riferimento al passato – si pensi alla condanna di Jan Hus a Costanza – non rinuncia tuttavia ad una ricognizione della storia dei concili dei primi secoli, da Gerusalemme a Nicea sino ad Efeso e Calcedonia. Mentre le decisioni disciplinari e ecclesiali assunte dai Padri nei secoli hanno ormai perduto gran parte del proprio valore a causa del mutato contesto storico, i dogmi cristologico e trinitario, elaborati da una chiesa ancora immune dalla tirannia romana, conservano inalterato il loro valore: la loro funzione va rinvenuta tuttavia nel contrastare le eresie (arianesimo, monofisismo e nestorianesimo) esplicitando verità cristologiche e trinitarie già perspicuamente insegnate nella Scrittura da Paolo e Giovanni. Si tratta indubbiamente di un testo tutt’altro che irenico dal punto di vista ecumenico, che testimonia la determinazione di Lutero, nella sua maturità, nel contrastare il primato del vescovo di Roma e le pretese romane, in nome di un primato della “comunità” concreta in cui si predica il Vangelo e si amministrano efficacemente i sacramenti. Proprio per questo il lettore di oggi, evangelico ma soprattutto cattolico, proteso alla ricerca di una forma di esercizio del ministero petrino accettabile da parte di tutte le confessioni e ormai libero da una concezione esclusivamente gerarchica della chiesa – termine non amato da Lutero – è chiamato ad una lettura attenta di un testo che ribadisce l’esclusiva funzione normativa del principio del sola Scriptura nella configurazione della chiesa di Gesù Cristo.

Dati aggiuntivi

Anno pubblicazione 2002
Recensito da
Anno recensione 2003
Comune Torino
Pagine 420
Editore