Del male e di Dio


La riflessione di Ciancio intorno alla questione del male si presenta come un dialogo con i suoi interlocutori filosofici prediletti (Pascal, Kant, Kierkegaard, Dostoevskij, Lévinas, Berdjaev e soprattutto Pareyson). La chiave di lettura fondamentale del saggio è rappresentata dalla nozione di paradosso. Di contro ai tentativi escogitati dalla tradizione culturale occidentale per fronteggiare il male e per reperire, contro di esso, strategie di difesa le quali però si configuravano in realtà come mezzi di rimozione della questione (mediante estetizzazione, consolazione oppure razionalizzazione), Ciancio muove dall'assunto di una relazione di stretta coappartenenza tra la questione del male e quella di Dio. Per tale nesso, però, non si può parlare – come pure lungo i secoli è accaduto – di un rapporto caratterizzato da necessità dialettica, oppure di un rapporto tragico ma comunque variamente indirizzato ad una forma di conciliazione (come sembra invece avvenire nel pensiero tragico greco). La dinamica che pone in relazione male e Dio assume piuttosto i tratti di una dinamica di libertà (cfr. p. 70), segnata pertanto da lacerazione, insorpassabile ambiguità e intrinseca paradossalità. Il compito preliminare per la riflessione filosofica consiste – ad avviso di Ciancio – nel coraggioso riconoscimento del male come di «ciò che è ma non doveva essere» (p. 42), vale a dire come di una realtà ontologica dinanzi a cui vane e pericolose sono le strategie di depotenziamento. A proposito del male e in sintonia con Pareyson, Ciancio evidenzia come esso consista in una lacerazione ontologica le cui conseguenze (la sofferenza) toccano non solo l'intera umanità, ma persino Dio stesso. Il bisogno di comprendere questo paradosso conduce l'autore a una riflessione (che si colloca entro la tradizione religiosa cristiana) intorno alla circolarità del rapporto tra male e Dio: il male infatti deriva il proprio carattere di realtà «che non doveva essere» da un preliminare rapporto con Dio; in quanto esperienza di frattura e di lacerazione, il male si definisce rispetto a una dimensione di assolutezza e cioè a una pienezza di positività (che è Dio), dinanzi a cui esso è – appunto – assolutamente ingiustificabile. Viceversa, ciò che lega Dio al male è il fatto che, in quanto libertà, Egli (così come anche l'uomo) non può essere pensato senza la posizione della possibilità del male; possibilità che tuttavia nel caso dell'uomo trova storica e ampia realizzazione, al punto che l'esperienza della lacerazione del male sembra caratterizzare in quanto tale l'esperienza umana. Poiché però nell'esperienza del male è possibile riconoscere la trascendenza, si può – secondo Ciancio – parlare in un certo senso del male come "prova" dell'esistenza di Dio.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2006
Recensito da
Anno recensione 2007
Comune Brescia
Pagine 136
Editore