Per la storia del termine persona


Fin dall’antichità il concetto di persona ha interessato il pensiero filosofico, che ne ha indagato in particolare le implicazioni etiche e giuridiche. Un contributo alla ricostruzione della sua genesi e del suo sviluppo è offerto dal saggio Per la storia del termine persona del filosofo tedesco Friedrich Adolf Trendelenburg (1802-1872), noto soprattutto per la sua interpretazione della dottrina delle categorie di Aristotele e per la sua critica del sistema hegeliano. Il saggio, tradotto in italiano per la prima volta, è preceduto da un’introduzione di Renato Pettoello, che ricostruisce le linee generali del pensiero dell’autore, sottolineando l’inscindibilità di etica e diritto e l’aspirazione a elaborare una concezione dei rapporti tra l’individuo e lo Stato, tra la parte e il tutto, in cui il singolo non si risolva in un’universalità astratta, come Trendelenburg rimproverava a Kant e Hegel.
Il manoscritto, datato 1870 e letto da Trendelenburg all’Accademia delle Scienze di Berlino, rimase inedito fino al 1908, quando un allievo dell’autore, il futuro premio Nobel Rudolf Eucken, ne curò la pubblicazione nella rivista «Kant-Studien». Il breve saggio offre un valido esempio del procedere argomentativo di Trendelenburg, che muove da un’accurata ricostruzione etimologica e storica del termine persona per giungere all’individuazione dei suoi significati fondamentali. L’obiettivo di Trendelenburg è ripercorrere la storia di un concetto che egli stesso ha impiegato nella propria filosofia del diritto: non a caso, il testo è redatto quasi contestualmente alla seconda edizione del Diritto naturale sulla base dell’etica (1868). Il pensiero greco, il diritto romano e la teologia cristiana sono le tappe fondamentali di un percorso in cui emergono e si definiscono due accezioni principali del concetto di persona, l’una etica e l’altra giuridica: se nel primo caso persona indica l’individuo che ha dignità propria ed è oggetto di rispetto da parte degli altri, nel secondo designa l’individuo cosciente di sé e dotato di diritti. La prospettiva etica riceve un impulso fondamentale dall’affermarsi del cristianesimo, che valorizza la singolarità e l’insostituibilità dell’individuo in chiave escatologica. In ambito teologico il termine è utilizzato per la prima volta in maniera tecnica da Tertulliano, che si riferisce alla Trinità come tres personae, una substantia, ovvero tre individui sussistenti di per sé che condividono una natura comune. Come è noto, per la questione della gerarchia e dei rapporti tra le componenti della Trinità, il Concilio di Nicea (325) con la sua condanna dell’eresia ariana costituisce un momento di svolta decisivo.
I due significati, etico-teologico e giuridico, si sviluppano e talvolta si sovrappongono nel corso dei secoli, fino a convergere in Kant, che attribuisce all’essere umano la ragionevolezza e dunque la dignità. Punto di partenza della riflessione di Trendelenburg, infatti, è la definizione del concetto di persona riportata nella Fondazione della metafisica dei costumi (1785): persone sono tutti gli esseri ragionevoli in quanto esistono come fini in sé, sono cioè dotati di una volontà propria che suscita rispetto da parte degli altri. Si tratta del nesso tra dignità e rispetto esplicitato con chiarezza dall’imperativo categorico, che impone di considerare se stessi e gli altri sempre come fini e mai semplicemente come mezzi. Se a Kant è riconosciuto il merito di aver riportato in auge il concetto nella filosofia moderna, è all’antichità greca e romana che bisogna rivolgersi per individuare l’etimologia del termine: la più accreditata è la derivazione del latino persona dall’etrusco phersu, ovvero maschera. L’equivalente greco è prósopon, che per estensione fa riferimento all’interpretazione di un ruolo, nel senso in cui nell’Enchiridion di Epitteto si legge che il saggio deve essere simile all’attore di un dramma, che recita il ruolo che gli è stato assegnato, breve o lungo che sia. Questo significato morale, caratteristico secondo Trendelenburg già dello stoicismo antico, corrisponde alla necessità di accordare la volontà del singolo con la legge di natura universale, ma di per sé non comporta l’enunciazione del principio dell’eticità individuale.
Il significato giuridico si precisa invece soprattutto con la tradizione romana, nella quale "persona" sta a indicare l’individuo in quanto, a differenza di una cosa, titolare di diritti. Questa generalizzazione, in cui persona coincide con homo, trova espressione per Trendelenburg nelle Istituzioni di Gaio: lo ius personarum di età classica si riferisce tanto ai liberi quanto agli schiavi, impiegando il termine persona nel senso di uomo in generale. L’equiparazione del servo con la persona è destinata però a essere superata nei secoli successivi, con il progressivo affermarsi della libertà come attributo fondamentale affinché si possa parlare di capacità giuridica: all’epoca di Giustiniano, nel sesto secolo, solo gli uomini liberi sono considerati persone, gli schiavi sono tornati a essere delle cose. Si è così riaffermata una concezione dominante nella Grecia antica, come testimonia il celebre passo della Politica di Aristotele in cui si sostiene che lo schiavo è un «oggetto di proprietà animato». D’altra parte, va ricordato che nella filosofia aristotelica così come in quella platonica l’accento è sull’individuo e sulle sue specificità, mentre il termine persona è praticamente assente.
La riflessione aristotelica, che fa da sfondo a tutto il medioevo cristiano, influenza la definizione boeziana di persona come «sostanza individuale di natura razionale». La persona qui deve essere intesa come sostanza prima, la natura razionale come sostanza seconda: oltre a farne un ente sussistente di per sé, Boezio individua una caratteristica – la razionalità – specifica dell’uomo, che lo differenzia dagli altri enti e al contempo lo avvicina a Dio. Il percorso teologico culmina con la filosofia di Tommaso d’Aquino, che elabora una dottrina della persona come ente fine a se stesso, il quale tuttavia riceve da Dio la propria esistenza e può realizzarsi pienamente solo all’interno della società.
Da questa breve nota appare chiaro che il saggio di Trendelenburg non è soltanto una ricerca storico-etimologica, ma si propone al lettore odierno come una riflessione teoreticamente solida, capace di combinare la chiarezza espositiva con la vasta erudizione del suo autore. Il testo ha infatti il merito di porre l’attenzione su temi centrali per la riflessione filosofica contemporanea, che direttamente e indirettamente derivano dal concetto di persona e dalle sue numerose declinazioni e stratificazioni storiche: si pensi, ad esempio, al rapporto tra identità e alterità, tra individuo e società, e soprattutto alla delicata questione della definizione della natura umana.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2015
Recensito da
Anno recensione 2015
ISBN 978-88-372-2834-7
Comune Brescia
Pagine 112
Editore