Aby Warburg, antropologo dell'immagine


Il volume è una raccolta di contributi che si situano all’interno del dibattito contemporaneo sulla fortuna del mondo antico in età moderna e contemporanea, in particolare in merito all’importanza di una ricerca interdisciplinare a cavallo tra storia, arte e antropologia. In questo senso è fondamentale la figura di Aby Warburg (1866­1929), il quale può a buon diritto essere considerato un precursore dell’antropologia dell’immagine, disciplina di frontiera il cui campo di studio è costituito dalla produzione di opere visuali.
L’intellettuale tedesco, infatti, nel corso della propria vita ha promosso il dialogo tra storia dell’arte e antropologia, viaggiando in Colorado, Arizona e Nuovo Messico ed entrando così in contatto con le popolazioni indigene locali. L’esperienza diretta delle cerimonie rituali degli Hopi rappresenta per lo studioso tedesco un ricco materiale di confronto per la rilettura dell’arte antica e rinascimentale. Rilettura da cui consegue la sua netta presa di distanza nei confronti della concezione winckelmanniana della storia dell’arte. Alla "nobile semplicità e quiete grandezza" Warburg predilige, infatti, gli aspetti più vitali e folklorico-etnografici dell’antichità. La sua visione anticlassica emerge ancor più chiaramente nel progetto di riallestimento della Gipsoteca di Amburgo: l’Apollo del Belvedere, prima al centro dell’esposizione, ne viene ora escluso, in quanto emblema del canone settecentesco, da considerarsi ormai antiquato. Al suo posto troviamo il Fauno danzante e la Niobe, espressioni di «una visione emotivamente tesa, patetica, piena di impulsi vibranti» (p. 58), che sola è in grado di restituire la vitalità propria della scultura antica.
Tanto lo studio della ricezione dell’antico nel Quattrocento fiorentino quanto l’esperienza diretta delle danze rituali degli Hopi in Arizona sono determinanti per il recupero della visione anticlassica abbracciata da Warburg. Antropologia e storia dell’arte, quindi, si intrecciano nel tentativo da parte dello studioso di rinnovare il canone classico, restituendo una visione originaria dell’opera d’arte antica, la quale rappresenta più una manifestazione della «pagana gioia di vivere» che «una moderata bellezza» (p. 59). Il dialogo interdisciplinare promosso dall’intellettuale tedesco viene inoltre alla luce nel suo Bilderatlas, un atlante figurativo che prende il nome di Mnemosyne, ossia memoria, e nel quale lo storico dell’arte ripercorre la ricezione dell’«eredità dionisiaca dell’antichità» (p. 110) nei diversi momenti storici e contesti geografici. I saggi che compongono il presente volume ci restituiscono, dunque, un’immagine di Warburg caratterizzata da una costante opera di abbattimento delle tradizionali barriere tra le discipline. Opera il cui scopo principale è la comprensione del significato più originario dell’arte antica e della sua influenza sui secoli a venire.

Dati aggiuntivi

A cura di
Anno pubblicazione 2014
Recensito da
Anno recensione 2015
ISBN 9788843070947
Comune Roma
Pagine 142
Editore