Dialogo di fine millennio

Tra antropologia e modernità


Sollecitato dalle domande di Antonio Torrenzano, insegnante e consulente presso la Scuola di Amministrazione e Direzione Aziendale di Modena, Marc Augé ripercorre i temi delle ultime opere pubblicate, in particolare Non-luoghi. Inroduzione a una antropologia della surmodernità (Milano, Elèuthera, 1993) e Storie del presente. Per un’antropologia dei mondi contemporanei (Milano, il Saggiatore, 1997) chiarendo nuovamente la propria riflessione relativa non solo alla definizione di un metodo antropologico adeguato alla trasformazione della società contemporanea, definita in accordo con Giddens come surmodernità, ma anche quanto sia importante una distinzione tra storia e antropologia e come questa distinzione influisca sulla necessità di una considerazione il più ampia possibile della trasformazione in corso. Sebbene il dialogo non consenta di approfondire alcuni dei temi affrontati, tuttavia rivela agli autori la possibilità di rimandi e collegamenti che in opere condotte altrimenti non sarebbero potuti emergere. E’ così che nel medesimo contesto Augé riflette sulle caratteristiche proprie della surmodernità e sul ruolo che può svolgere nella sua comprensione l’esame degli effetti dell’incontro tra le culture africane e quella occidentale, questa volta non più nel tentativo di definire i tratti di una cultura altra, ma con l’intento di comprendere le modalità di sviluppo e le conseguenze di quella che egli riconosce come fine di una cosmologia. Come potrebbe essere altrimenti definito il fenomeno, proprio dell’epoca contemporanea come di ogni epoca di transizione, di perdita di efficacia simbolica di numerose istituzioni che sono state fondamento della società stessa: “quando ci viene detto che i sindacati, i partiti politici, le istituzioni educative non riescono più a sostenere pienamente il loro ruolo, significa che alcuni punti di riferimento simbolici (…) stanno scomparendo, cedendo o, come minimo, sono meno operativi; esiste dunque una nuova forma di solitudine da offrire come immagine del mondo” (p. 15). Una forma di solitudine propria dell’esperienza dei non-luoghi e, in quanto tale, fondamento di un’antropologia del mondo contemporaneo che allo stesso tempo risulta particolarmente critica nei confronti del multiculturalismo e delle teorie di “fine della storia”. Il primo, in quanto focalizza la propria attenzione solamente sulla natura delle culture esaminate definendole in modo statico, rischia di ridurre ciascun individuo al suo solo contesto culturale; le seconde legittimano acriticamente l’esistente e perciò risultano incapaci di riconoscere la trasformazione in atto.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1997
Recensito da
Anno recensione 1997
Comune Torino
Pagine 62
Editore