E il denaro va


Il volume di Marazzi esce in un momento di particolare incertezza per il panorama economico e finanziario internazionale ed ha il grande pregio di affermare con vigore la necessità di rivedere le griglie interpretative con cui osservare gli avvenimenti in corso, dovendoci confrontare con un mutamento strutturale del modo di produrre e di lavorare. Senza queste modifiche interpretative si può continuare a ipotizzare un”illusoria “fine del lavoro” e non si coglie in pieno la portata della tendenza deflazionista di lungo periodo nell”economia globale. L”autore vede una svolta decisiva a partire dal 1979, quando negli USA si scioglie il nesso con lo stato sociale e il dollaro diviene un veicolo di prestiti ai paesi indebitati e perde la funzione di strumento di produzione di profitti e di ricchezza. Sempre da quella data inizia l”espansione dei “prodotti derivati”, che servono a difendersi dalle oscillazioni del mondo finanziario: si tratta di prodotti finanziari che hanno un valore che “deriva” da prodotti soggiacenti (azioni, obbligazioni) e pertanto sono caratterizzati da una incertezza strutturale. L”idea di fare dell”incertezza un prodotto di scambio, sostiene Marazzi, rende i “derivati” qualcosa al tempo stesso semplice e complesso. Il loro avvento infatti ha provocato un accorciamento dell”orizzonte temporale entro il quale le imprese definiscono le proprie strategie. La conseguenza è uno scollamento tra l”attività finanziaria e quella dell”economia reale. I derivati sono lo specchio di una rivoluzione in cui il tempo e lo spazio si costituiscono a partire da processi la cui essenza sta altrove da ogni tempo e da ogni spazio. Questo altrove è l”essenza stessa della vita collettiva, quella che tiene assieme la comunità umana. Accanto a questo elemento vi è l”incapacità da parte dei teorici di elaborare una riflessione sulla fine della separazione tra lavoro e lavoratori. Al tempo dedicato al lavoro esecutivo si aggiungono i blocchi di tempo dedicati alla comunicazione sociale, all”apprendimento e alla riproduzione. Occorre un intervento politico capace di incidere sui rapporti sociali all”interno di questo universo, mentre i teorici della “fine del lavoro” considerano gli attuali rapporti sociali modificabili soltanto dall”esterno. Non solo, conclude Marazzi, non assistiamo alla fine del lavoro, ma se si guarda a come avviene la nuova formazione del valore ci si accorge che è la vita intera della comunità sociale che viene “messa al lavoro”. Christian Marazzi ha insegnato nelle Università Padova, Losanna e Ginevra e alla State University di New York. Attualmente è docente alla Scuola Universitaria della Svizzera Italiana.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1998
Recensito da
Anno recensione 1998
Comune Torino/Bellinzona
Pagine 188
Editore