Ernesto De Martino nella cultura europea


“Un intellettuale – non molto diffuso tra noi – capace di trovare una sua precisa collocazione all’interno della cultura europea, senza peraltro rinunciare alle sue radici […] pure rimesse in discussione” (p. 240). Con queste parole M. Massenzio tratteggia la figura del grande antropologo italiano di cui si è discusso nel novembre-dicembre 1995 in un convegno svoltosi tra Roma e Napoli. Il volume raccoglie gli interventi di studiosi provenienti da nazioni e formazioni diverse, con l’intento comune di sottolineare la dimensione internazionale del contributo demartiniano alle scienze antropologiche e filosofiche, alla storia delle religioni, ma anche alla psicologia e alle scienze della cultura. Gli autori degli interventi ricordano a più riprese tutta una serie di “appuntamenti mancati” (p. 35) che hanno originato una sorta di perifericità dello studioso rispetto ai luoghi di elaborazione del sapere. Una scarsa ricezione del messaggio di De Martino nelle diverse scuole europee segnò a fondo l’iter tormentato di questo intellettuale del Sud che nella sua terra del rimorso aveva trovato un fecondo campo di riflessione storico-antropologica nel senso più profondo della disciplina: partire dal presente, passando per il passato e tornare al presente, nella convinzione della trasformabilità del reale. Dalle pagine del volume emergono, oltre agli incontri mancanti e mancati nella vita intellettuale demartiniana, i suoi apporti più originali alla disciplina. Il problema dell’esserci (così in contatto e così diverso da Heidegger e Sartre), la centralità assunta dai fatti religiosi nello studio storico attraverso l’autonoma teorizzazione del concetto di nesso mitico-rituale (e la polemica velata ma ferrea con Croce ed il crocianesimo), l’ardita elaborazione della difficile nozione di natura culturalmente condizionata, lo studio del folklore italiano vissuto gramscianamente come “efficace”: sono solo alcuni dei temi emergenti da interventi di un convegno la cui ricchezza di proposte di riflessione non può comunque essere espressa in queste brevi note. Sfruttando la sinergia di diverse discipline, De Martino compie uno studio delle “plebi rustiche del mezzogiorno” (p. 280) da etnologo sul campo, studiando quel mondo “magico religioso” da molte parti attribuito con troppa semplicità alla categoria (d’altronde inesistente) di “primitivo”, facendo un’antropologia che pone anche un serio problema politico. Attraverso lo studio di quel sincretismo pagano-cattolico che è “risultato di un rapporto che induce risignificazione” De Martino si rivela, anche grazie alle esplorazioni sui suoi inediti e sul suo epistolario, un personaggio chiave del nostro secolo, legato in modo indissolubile alla stessa realtà oggetto dei suoi studi.

Dati aggiuntivi

A cura di
Anno pubblicazione 1997
Recensito da
  • Andrea Taddei

    Professore di Lingua e letteratura greca - Università di Pisa

Anno recensione 1998
Comune Napoli
Pagine 384
Editore