Fondamento della contraddizione


In un passo del Teeteto (187d) Platone esprime il proprio turbamento dinanzi all’esistenza dell’errore. Severino ricorda come la soluzione di Aristotele a tale questione consista nella negazione dell’esistenza della contraddizione e dell’errare in quanto tali. Tuttavia, sostiene Severino, così facendo il pensatore greco, cui si deve il perfezionamento del principio di non contraddizione di Parmenide, si contraddice. Non riconoscere l’esistenza dell’errare in quanto tale testimonia che anche il pensiero aristotelico ricade inevitabilmente nel nichilismo occidentale, i cui tratti Severino è andato chiarendo a partire da L’essenza del nichilismo (1972). Esso negherebbe l’immediatezza e incontrovertibilità dell’eternità dell’essente in quanto essente. Il primo scritto severiniano in cui compare questa tematica risale però al 1956 e si intitola La metafisica classica e Aristotele; insieme ad altri saggi degli anni 1955-1963, esso costituisce uno dei lavori confluiti nella raccolta qui presentata. A dare il titolo al volume, oltreché a chiarirne il senso complessivo, è l’inedito Fondamento della contraddizione (2003-2004), in cui Severino risale ancora una volta alle sorgenti del nichilismo e addirittura del pensiero stesso, vale a dire alla discussione intorno al “principio più saldo di tutti”: il principio di non contraddizione. Occasione della riflessione è la traduzione in lingua italiana (Quodlibet, 2003) del saggio Del principio di contraddizione in Aristotele del filosofo e logico polacco Jan Lukasiewicz, nel quale si sostiene come nella storia del pensiero tale principio non svolga affatto il ruolo fondamentale che la tradizione gli ha assegnato. Di parere opposto è, appunto, Severino, il quale ribadisce il valore insieme logico, ontologico e metafisico del principio aristotelico, a partire dal quale è possibile comprendere come l’essere sia di per sé necessario e destinato a manifestarsi secondo verità e necessità. Anche l’errore – afferma Severino – esiste e appartiene  al destino della verità. Come evitare che ciò confligga a sua volta con il principio di non contraddizione? La soluzione è che l’errore si presenta in qualche modo come sdoppiato: errore, cioè nichilismo, non è solo un contenuto negato dalla verità, ma anche una persuasione in cui l’errore appare come evidenza assoluta, come apparizione astratta o isolata dalla struttura della verità. Solo quest’ultima può però costituire il fondamento di tale apparizione: l’apparire dell’errare è dunque possibile solo in quanto la contraddizione appare come negata. E ciò trova appunto la propria ragione ultima nell’incontrovertibilità del “principio più saldo”, la cui determinazione essenziale consiste nell’impossibilità di trovarsi in errore rispetto ad esso.                                  

Dati aggiuntivi

Autore
  • Emanuele Severino

    Professore di Ontologia fondamentale - Università Vita-Salute san Raffaele di Milano

Anno pubblicazione 2005
Recensito da
Anno recensione 2006
Comune Milano
Pagine 483
Editore