La grande popolarità di Francesco d’Assisi è accompagnata da una produzione letteraria e artistica che, a partire dai primi anni successivi alla sua morte e fino ai nostri giorni, è stata intensa e copiosa. Biografie, cicli pittorici e opere cinematografiche ne hanno ripercorso la vita in ogni suo aspetto, al punto tale che è impressione comune che del santo si conosca tutto. In realtà, alla vicenda del Francesco storico si sono sovrapposte così tante leggende, rimaneggiamenti, interpretazioni e reinterpretazioni, per non parlare dell’uso strumentale che ne è stato fatto anche nell’ambito di lotte di potere, che è ormai difficile riuscire a distinguere la realtà storica dall’immagine edulcorata e agiografica che sembra essere ormai la cifra più consueta. In tutto ciò vi è una grande assenza, quella dei suoi scritti (certamente non numerosi, soltanto trentuno quelli accreditati in questa edizione). È nondimeno vero che, oltre a rappresentare uno dei momenti più significativi della nascita della lingua italiana e uso letterario del volgare, nei suoi scritti risiede il più vivo pensiero di Francesco, le ragioni delle sue scelte e delle sue azioni, il racconto in prima persona degli eventi che ne hanno segnato la vita. Tuttavia, anche quando sono stati presi in considerazione, l’impressione è che si sia preferito interpretare gli scritti alla luce dell’immagine consolidata nel tempo, piuttosto che rileggerne la biografia alla luce delle parole stesse del santo.
Provvedendo per la prima volta a un’edizione completa non specificamente dedicata ai soli specialisti, Brunetto Salvarani, curatore dell’opera, viene a colmare una grave lacuna nell’editoria italiana e a rendere finalmente disponibili al grande pubblico testi la cui importanza non può essere sottovalutata. Preceduti da una corposa introduzione critica e storica, i testi sono stati suddivisi in tre sezioni – Laudi e preghiere (12), Lettere (10), Regole ed esortazioni (9) – e sono seguiti da una breve antologia di testi che ne riassumono la fortuna nel corso dei secoli (Dante, Jacopone da Todi, Nikos Kazantzakis, Dino Battaglia, Giovanni Paolo II, Papa Francesco). È così possibile accedere direttamente non solo alla preghiere anche meno note, oltre al celeberrimo Cantico di frate Sole, o seguire le esortazioni a amici, fratelli, o governanti a cui sono indirizzate le lettere, ma soprattutto confrontarsi con i testi "programmatici", e su tutti la Regola non bollata, la Regola bollata e il Testamento.
Ne emerge un’immagine di Francesco certamente diversa da quella tramandata. Come ribadisce lo stesso Salvarani: «l’approccio diretto ai suoi Scritti può rappresentare non solo l’occasione per affrontare materiali piuttosto disattesi e tuttora poco conosciuti, ma anche un sicuro e potente vaccino contro qualsiasi sua interpretazione estenuata, un po’ rugiadosa, estetizzante e/o comodamente consolatoria» (p. 5). Ne fa fede soprattutto un significativo passo del Testamento: «quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere dei lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse in mezzo a loro e usai misericordia nei loro confronti, e mentre mi allontanavo da loro, ciò che mi sembrava amaro si trasformò in dolcezza d’animo e di corpo. Poi mi trattenni ancora un poco e uscii dal mondo» (p. 229). Francesco stesso rovescia l’immagine diffusa che lo vuole colto da una sorta di improvvisa visione che lo condusse verso la vita di santità: è invece la conoscenza diretta della sofferenza umana, la vicinanza con il prossimo più umile, negletto e bisognoso d’aiuto, che gli rivela la presenza di Dio e la strada che è necessario seguire se si vuole davvero seguire l’insegnamento del Vangelo. Ed è in questa comprensione della miseria e dell’umiliazione dell’uomo che è perciò da ricercare l’insistenza con la quale Francesco, in entrambe le regole, ma con più forza e insistenza nella non bollata, esorta i propri fratres a rifuggire il denaro e la proprietà, a vivere del proprio lavoro e della carità, ad assumere in ogni occasione il ruolo più umile e modesto, a essere sempre i minores, coloro che stanno all’ultimo posto di ogni gerarchia sociale. La povertà, la minorità, la fraternità, l’obbedienza, il senso dell’allegria e del silenzio di Dio: sono questi gli insegnamenti con i quali Francesco esorta ad essere allo stesso tempo stranieri e pellegrini nella Chiesa e nel mondo, così riconoscendo nei doni del mondo la grazia divina e nel Vangelo l’unica vera regola che è necessario seguire.