I filosofi e Dio


Il libro analizza i principali paradigmi teorici sull’esistenza di Dio discussi tra il XIII e il XVIII secolo, cioè a partire dalla loro formulazione originaria elaborata dalla Scolastica (in particolare da san Tommaso)  fino alla crisi definitiva della teologia filosofica (operata soprattutto da Kant), passando per autorevoli pensatori quali Ockham, Descartes e Spinoza. Nell’esporre le argomentazioni a dimostrazione dell’esistenza di un Essere superiore, Landucci si sofferma in modo particolare sull’argomento “cosmologico” e su alcuni momenti della storia dell’artificialismo. Egli riprende esplicitamente il termine “artificialismo” da Léon Brunschvicg, il filosofo transalpino resosi protagonista, fra gli anni Venti e gli anni Trenta del secolo scorso, di un dibattito intorno a Dio col teista Étienne Gilson; la concezione “artificialistica”, criticata dall’ateo Brunschvicg, era quella finalistica propria di Voltaire, il quale pretendeva di derivare l’esistenza di un Essere supremo dal mondo, così come l’orologio provava quella dell’orologiaio. A parere di Landucci, in tale contesto la nozione di artificialismo è da preferirsi a quella di finalismo, in quanto evita confusioni con l’immagine di Dio come causa finale dell’agire delle Sue creature. Accanto alla tesi del supremo architetto sovrintendente del mondo, l’Autore ne prende in esame un’altra, avanzata varie volte fino all’Età Moderna e riaffiorata durante la disputa sull’esistenza di un Essere supremo occorsa poco più di mezzo secolo fa tra il padre gesuita Frederick Copleston e il filosofo Bertrand Russell: si tratta dell’argomento cosmologico, che individua in Dio la causa, necessariamente esistente, di tutti gli esseri contingenti. Nella Critica della ragion pura di Kant vennero smontate le “prove” con cui si era cercato a lungo di dimostrare razionalmente l’esistenza di un Essere superiore e divennero oggetto di critica radicale anche i complicati sistemi emersi tra Seicento e Settecento per rendere più persuasivi l’“argomento ontologico” di Anselmo d’Aosta e le altre “prove” care a molti pensatori teisti. Dopo Kant, com’è noto, diminuì notevolmente l’interesse tanto per la concezione artificialistica quanto per l’argomento cosmologico e andarono sempre più diffondendosi indirizzi filosofici ostili all’idea di Dio e alle religioni positive, considerati come impedimenti alla felicità umana: ad esempio, Karl Marx riteneva che il socialismo sarebbe sorto unicamente in assenza di Dio; Arthur Schopenhauer non si spiegava come il dolore delle creature potesse accordarsi con la bontà di un Essere supremo; Friedrich Nietzsche, infine, annunciò la morte di Dio.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2005
Recensito da
Anno recensione 2006
Comune Roma-Bari
Pagine VII+229
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