I Greci selvaggi

L'antropologia di Ernesto de Martino


Un uomo inquieto e difficile, de Martino (1908-1965), un napoletano veemente, un etnologo e uno storico delle religioni scomodo, protagonista a pieno titolo dell’intenso clima culturale pre e post bellico e tuttavia difficilmente inquadrabile in una precisa nicchia metodologica e filosofica. Consapevole delle difficoltà insite in ogni operazione classificatoria e convinto del resto che “de Martino sembra comprendersi solo per fotogrammi, per tasselli di un mosaico in movimento che sfugge a una definizione conclusiva”, Riccardo Di Donato, docente di Antropologia storica del mondo antico a Pisa, contribuisce con questo volume a una ridefinizione lucida e attenta di questa figura di “intellettuale di transizione, lacerato dalle contraddizioni”. Già il bel titolo chiarisce l’impostazione del volume. Il riferimento alla formula “I Greci non erano selvaggi” con cui E.R. Dodds nella sua prefazione al suo The Greeks and the Irrational si prefigurava possibili obiezioni da parte della critica, indica infatti un’affinità di fondo tra l’etnologo italiano e l’antichista britannico: l’interesse per quelle forme di cultura e religiosità popolare nella Grecia arcaica e nell’Italia del sud, di quelle forme cioè non elaborate né colte di cui è possibile trovare sopravvivenza entro le società a noi contemporanee. A questo riguardo, il volume individua l’aspetto più originale nella capacità dello studioso di mostrare come anche aspetti della religiosità greca che sentiamo come più ‘selvaggi’ si accompagnino a un processo di raffinamento determinato dallo svolgimento filosofico delle pratiche religiose. Punto di partenza dell’intera discussione è il capitolo dedicato alla Preistoria demartiniana, in cui viene individuata la portata dell’influenza esercitata sul giovane de Martino da Vittorio Macchioro, studioso di religioni antiche e autore di Zagreus. La riscoperta di questo rapporto ha il merito non piccolo di aver ridimensionato la presenza della figura di Benedetto Croce all”interno del percorso intellettuale demartiniano. I capitoli successivi, tutti presupponendo la Preistoria, affrontano i diversi aspetti dell’intera ricerca demartiniana con una continua attenzione alla “interazione tra interpretazione dell’opera e comprensione dell’esperienza umana dell’autore”, nell’osservanza di quanto lo stesso studioso affermava in un frammento autobiografico: “Credo non si possa fare la storia culturale della mia persona senza fare la storia delle mie malattie”.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1999
Recensito da
Anno recensione 1999
Comune Roma
Pagine 231
Editore