Identità e violenza


A partire dalla considerazione secondo cui "identità" può significare sia «essere identici a se stessi» sia «condividere un’identità con altri membri di un determinato gruppo» (p. VIII), l’autore evidenzia l’impossibilità di ridurre un individuo ad un’unica matrice, che possa, in qualche modo, determinarne in maniera stabile e univoca l’identità: infatti «la stessa persona può essere, senza la minima contraddizione, di cittadinanza americana, di origine caraibica con ascendenze africane, cristiana, progressista, vegetariana, femminista, eterosessuale» (p. IX). Tutte queste "identità" devono essere considerate insieme: già Marx scriveva che era fuorviante ridurre l’identità individuale all’identità di classe dimenticando altre importanti dimensioni del soggetto. Nella vita quotidiana ci consideriamo membri di gruppi, spesso facciamo simultaneamente e pienamente parte di una serie di collettività che conferiscono a ogni persona una determinata identità. Ma nessuna di queste collettività, presa separatamente, può essere considerata l’unica categoria di appartenenza dell’individuo, la cui natura è per essenza «plurale»: solo da una considerazione globale delle diverse e riconosciute appartenenze della persona è possibile venire a capo di quella «faccenda molto complicata» in cui consiste l’identità. Ogni volta che le innumerevoli divisioni e differenze esistenti nel mondo vengono unificate in «un sistema di classificazione spacciato per dominante, che suddivide le persone sulla base della religione, della comunità, della cultura, della nazione, della civiltà (trattando ognuno di questi criteri come unico criterio valido» (p. IX), la nostra comune appartenenza al genere umano viene messa gravemente in discussione. Inaccettabile è, per l’autore, il banale riduzionismo degli individui a un’unica categoria, semplificazione prodotta da alcuni tra gli intellettuali più accreditati del nostro tempo (per esempio da Samuel Huntington, creatore della formula sullo "scontro di civiltà"). È vero che l’identità di classe spinge a lottare per ridurre le disuguaglianze (per esempio, l’identità degli afroamericani è stata importante nel motivare le lotte per l’integrazione e la diffusione dei diritti), tuttavia bisogna essere pienamente consapevoli del fatto che non esiste un’unica identità, che ogni individuo ha più identità e che la riduzione ad un’unica identità è una semplificazione non corrispondente alla realtà. Un incremento vertiginoso della conflittualità è la più evidente spia di non validità dell’assunzione di un unico criterio di ripartizione del mondo, plasmato invece su categorie plurali e differenti, che a loro volta originano feconde e proficue eccezioni.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2008
Recensito da
Anno recensione 2008
Comune Roma-Bari
Pagine XVII+219
Editore