Il bibliotecario di Leibniz

Filosofia e romanzo


Nel corso del XX secolo ha iniziato a diffondersi in alcuni ambienti accademici la certezza che fosse ormai giunta alla fine la lunga stagione in cui credere alla filosofia della storia poteva ancora avere un senso: almeno da Leibniz in poi, infatti, la filosofia aveva creduto nell’esistenza di un’unica storia vera, quella degna di essere pensata filosoficamente. Alla ricerca di una più “libera” interpretazione del “mondo della vita”, Sergio Givone in quest’opera batte una strada già imboccata da diversi filosofi e pensatori recenti, memori dell’insegnamento nietzscheano secondo il quale la verità non è altro che l’insieme delle infinite interpretazioni, vale a dire una rete di verosimiglianze che l’uomo utilizza per agire, ben sapendo che esse traggono forza soltanto dalla generale consapevolezza della loro vanità. Nel libro, l’Autore assegna alla narrazione il compito di guidare gli uomini nell’interrogazione del significato dell’esistenza: diversamente dalla filosofia, infatti, la narrazione sembra poter rendersi immune da quell’ordine storico-temporale che incatena la vita umana. Secondo Givone, la narrazione rappresenta «un tempo infinito»; se un vincolo sussiste, esso coincide con quello che di volta in volta la narrazione assume nel corso delle sue metamorfosi. La narrazione dà vita a una molteplicità di esistenze e costituisce una sorta di promessa di immortalità, una traccia tangibile del nostro passaggio. Ed è in queste infinite storie degli uomini, sia reali sia immaginarie, che l’Autore crede di poter rinvenire i contenuti essenziali della filosofia. Che cosa è, allora, la filosofia della storia? Givone afferma che la si può definire o «romanzo che non sa di esserlo» o «romanzo che finge di essere la sola storia vera, il solo romanzo degno di essere scritto». Nella prima parte di questo libro, l’Autore si dedica a una «vivente decostruzione» della filosofia della storia, procedimento che la rende filosofia delle storie: «Accade che l’infinita pluralità delle storie si imponga all’interprete, scuotendone il punto di vista e strappandogli di mano il filo d’Arianna» di cui egli fino ad allora si era sempre servito nel vano tentativo di trovare il cammino nel labirinto. Nella seconda parte dell’opera, di carattere rapsodico, Givone offre una lettura filosofica di alcuni importanti “romanzi” (dal Vangelo secondo Marco a Delitto e castigo), svelando la vocazione della filosofia alla ricerca della verità, o ciò che più le somiglia, attraverso l’interpretazione delle storie: questo, sottolinea l’Autore, nella certezza che «solo perdendosi (nell’oceano delle storie), ci si salva (dalla storia vera)».

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2005
Recensito da
Anno recensione 2006
Comune Torino
Pagine XI+210
Editore