Il ripudio del sapere

Lo scetticismo nel teatro di Shakespeare


La dimensione etica dell’esperienza non è oggetto privilegiato di un ramo della filosofia, ma sua pulsione interna condivisa con differenti forme del pensiero, ugualmente impegnate per trovare risposte “nel mondo e al mondo”. Anche testi non apertamente filosofici hanno un senso filosofico e sono espressione di una visione coerente dell’uomo, di un’antropologia. I temi del riconoscimento e della sua elusione – nucleo originario dell’opera cavelliana The Claim of Reason – sono sostenuti dalla tesi portante, di eredità wittgensteiniana, secondo cui non si può imputare ai giudizi estetici ed etici una mancanza di fondazione razionale rispetto ai loro gemelli gnoseologici. In questi saggi l’ambiguità di relazione tra filosofia e letteratura si dissolve: lo scetticismo di Cartesio si può trovare già esplorato dalle tragedie shakespeariane, come mostrano le analisi dedicate a Re Lear, Otello, Coriolano, Amleto, Il racconto d’inverno e Macbeth. Lo studio filosofico della tragedia diventa il metodo per comprendere a fondo quell’atteggiamento scettico che “ripudia” la conoscenza e il modo per coglierne “l’emozione che gli è peculiare”. Verificando la tesi che le tragedie di Shakespeare “costituiscono una reazione e una risposta alla crisi del sapere scatenata dall’avvento della nuova scienza tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento”, Cavell restituisce virtù filosofica ai drammi non in quanto illustrazioni o applicazioni di un principio teorico o di un ideale euristico che cerca una conferma, ma come storiche risposte alla domanda sull’assenza di fondamenti cui Cartesio, tentando di ancorare l’iperbole del dubbio scettico ad un solido terreno, risponderà con l’assunzione della certezza di Dio e dell’immortalità dell’anima. La tragedia esprime i limiti della richiesta epistemologica che vuole fissare il rapporto fra sé e l’oggetto nelle sue condizioni ottimali, quelle che dovrebbero condurre alla migliore conoscenza degli altri e del mondo. L’indagine segue le metamorfosi della conoscenza e i suoi tentativi di ridistribuire perdite e guadagni nell’illusione della perfetta fusionalità fra il sé e l’altro. Contro questa pretesa filosofica, l’obiezione scettica consuma la propria vendetta contro la finitezza metafisica dell’uomo instillandogli il dubbio nella possibilità della conoscenza: gli oggetti e le menti altrui sono così attratti all’interno dello statuto epistemologico della credenza, dove la certezza, inclusa nel rapporto ambiguo fra rappresentazione e mondo, è posta come dubitabile. Fanatismo e scetticismo, fiducia e dubbio incondizionati, gettati come luce ed ombre accecanti sulle possibilità della ragione, vengono a coincidere.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2004
Recensito da
Anno recensione 2005
Comune Torino
Pagine 292
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