La pelle di san Bartolomeo

Discorso e tempo dell'arte


Il presente volume affronta i problemi teorici sollevati dalla semiotica dell’arte. Le immagini utilizzate appartengono, con poche eccezioni, al museo immaginario della pittura italiana fra Trecento e Cinquecento. Suggestivo al riguardo il repertorio visivo sui tentativi di rappresentazione della temporalità del racconto evangelico dell’Annunciazione nello spazio di una singola immagine. Per quanto riguarda l’impianto teorico, Segre si confronta, fra gli altri, con autori come Lessing (sulla relazione fra spazio e tempo in pittura e in poesia), Benveniste (per il passaggio da una semiotica del segno di stampo saussuriano ad una più duttile semantica del discorso) ed Uspenskij (per l’analisi semiotica della prospettiva rovesciata nelle icone russe). Non trascurabili sono inoltre i presupposti teorici disseminati nel testo, tra cui possiamo segnalare come l’esperienza del vedere sia innanzitutto un’esperienza di senso vicina alla lettura, temporale e dunque linguistica. In questo modo la pittura costituisce un sistema testuale che si colloca accanto a quello verbale, producendo così un linguaggio pittorico, o meglio un discorso il cui modo specifico di significazione non è fatalmente ricalcato su quello della lingua. Da questo punto di vista risulta comprensibile come l’Autore consideri compito della critica “fornire un quidsimile verbale di una realtà visiva”. Si configura così chiaramente il cuore della proposta critica del volume, ovvero la possibilità di rinvenire le leggi che regolano la figuratività e fondano l’unità delle arti (con riflessioni a tratti simili a quelle kantiane sull’immaginazione). Una grammatica elementare dell’immagine, una sintassi visiva fondata sulla rappresentazione di singoli oggetti (lessico), sulla loro relazione (sintassi) e sulla scansione narrativa (fatta di condensazioni e sovrapposizioni come nel caso dell’Annunciazione), in altri termini sugli aspetti iconici, iconologici e narrativi dell’immagine. Per questo la ricerca di Segre è in prima istanza volta, con intelligenza e rigore, a rinvenire una “discorsività pittorica” attraverso unità percettive, elementi discreti di tipo linguistico il cui statuto è tuttavia diverso da quello del segno. Da qui deriva anche la centralità attribuita alla prospettiva, intesa come forma simbolica. Per questo motivo, sarebbe più corretto circoscrivere queste riflessioni ad una ben delimitata esperienza storica della pittura europea; un approccio, quello di Segre, che tuttavia non rifiuta la possibilità di affrontare discorsi non formulabili linguisticamente, in cui cioè il linguaggio non funzioni da sistema interpretante esclusivo. È il caso, più volte ricordato, della gestualità.

Dati aggiuntivi

Autore
  • Cesare Segre

    Docente di Filologia romanza - Università di Pavia

Anno pubblicazione 2003
Recensito da
Anno recensione 2004
Comune Torino
Pagine XVII + 134
Editore