La scrittura dell'altro


I saggi di Michel de Certeau raccolti in questo volume affrontano questioni diverse (l’origine e la fondazione dell’antropologia e dell’etnografia, il rapporto tra scrittura e oralità, la scrittura della storia e, più in generale, l’epistemologia dell’antropologia e delle scienze umane), unite però dalla riflessione sulla scrittura antropologica in quanto forma di sapere attraverso cui l’Occidente moderno organizza il proprio rapporto con l’altro, convenzionalmente confinato nell’oralità “non consapevole”. A partire da questo problema fondamentale, de Certeau rilegge alcuni classici del sapere antropologico ed etnologico. L’opera di Joseph-François Lafitau (Moeurs des sauvages américains comparée aux moeurs des hommes des premiers temps, Paris 1724) diventa occasione per definire il rapporto fra scrittura storico-antropologica e significato del frammento culturale: restituito alla completezza di una storia che evoca un discorso coerente, mai completamente padroneggiato dal linguaggio scientifico della nuova antropologia, esso diventa l’oggetto della storiografia che effettua «una nuova distribuzione di pratiche già semantizzate». La dinamica dei poteri e delle forze esercitate dall’operazione di ri-scrittura di una forma di vita appena incontrata, o passata e scomparsa, è l’eco tacita delle mosse implicite di un sapere e del suo costituirsi. Prima la comparazione raccoglie gli oggetti della storia in laboratorio, poi l’azione performativa della narrazione crea le connessioni e i rapporti di senso, saturando le mancanze e i vuoti della storia: la scrittura progredisce «tra quello che elimina costituendolo come passato e quello che organizza del presente, tra la privazione o la perdita di possesso che postula e la normatività sociale che impone al lettore a sua insaputa» (p. 115). Oralità e scrittura si intersecano anche nell’analisi dell’ Histoire d’un voyage fait en la terre du Brésil (1578) di Jean de Léry: la frattura qui-laggiù si trasforma nella distinzione natura-cultura, in uno spostamento creato dal testo e dal suo luogo di differenze: estetica e religione sono ora circoscritte nell’idea di natura, mentre festa e lavoro dei primitivi sono ricondotte ad un’etica moderna dell’utile e del lavoro. È lo sguardo classificatore della modernità che vuole assegnare un senso e una familiarità di somiglianze a ciò che simile non è. Il quadro antropologico si sdoppia così nel saper vedere e udire il “posto dell’altro”, contrapposto al potere di narrare. “Che cosa fa un sapere che, per comprendere, trasforma ciò che è vissuto dall’altro in scrittura?”: questa è la domanda cui de Certeau intende infine rispondere.

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Anno pubblicazione 2005
Recensito da
Anno recensione 2005
Comune Milano
Pagine XXXI + 115
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