L'impero greco-romano

Le radici del mondo globale


L'ampia ricerca storica realizzata da Veyne, che qui raccoglie in volume saggi già comparsi a sé stanti, fornisce stimolanti piste di lettura su aspetti sociali, culturali, religiosi che hanno caratterizzato la diffusione dell'impero di Roma. Si è trattato secondo l'autore di un regime bicefalo, in cui il potere era romano, mentre la cultura (la filosofia, la matematica, la medicina) era greca: questa accettazione di una cultura straniera è uno degli elementi più importanti dell'eredità di Roma. L'apporto fondamentale di Roma fu l'idea di una vasta unione di territori legati a un uomo degno del suo potere, con una comunità tenuta a obbedire a delle regole. Questo "genio" politico, sostiene Veyne, si è innestato al genio artistico e intellettuale dei greci. Proprio a causa della sua immensa estensione l'impero mise in moto in tutti i suoi territori una forma di assorbimento e di collaborazione: non mutare i costumi dei paesi conquistati, non fare proselitismi, evitare che nelle città dell'impero vi fosse la necessità di un intervento diretto del potere centrale di Roma. In questo modo la fedeltà delle varie province andava all'imperatore e non a un popolo straniero. La composizione sociale dell'impero era peraltro caratterizzata dall'assenza di una classe media, essendo invece schiacciata tra una ristretta elite di ricchi e una massa di persone che vivevano ai limiti della povertà, con scarse differenze tra le varie province. Esisteva però una "plebe media", molto numerosa e composta da commercianti e artigiani proprietari di patrimoni anche consistenti, che rappresentavano il principale strumento di accesso a una cittadinanza garantita da rendite costanti. Perciò era essenziale preservare un governo stabile che favorisse la formazione di un nucleo sociale solido, impregnato di una tradizione morale, con l'imperatore come garante dell'ordine politico e sociale. La presenza di questa particolare classe sociale spiegherebbe l'assenza di ribellioni a un dominio che ha saputo trarre grandi profitti affidando gli affari ai notabili locali romanizzati. L'impero romano, conclude Veyne, non è crollato a causa di una sua  decadenza politica, militare, amministrativa o morale, ma a seguito di una serie di concause: in particolare, per gli assalti  concomitanti di popolazioni barbariche agguerrite e organizzate, favoriti dalla rivalità tra le due metà dell'impero. Tutti i barbari comunque, sottolinea Veyne, conservarono la struttura amministrativa dell'impero – adottando il latino e mantenendo la separazione tra Chiesa e Stato – mettendo in moto quello che un giorno si chiamerà Europa Occidentale.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2007
Recensito da
Anno recensione 2008
ISBN 9788817019613
Comune Milano
Pagine 781
Editore