Lo sviluppo è libertà


Sen offre un’originale interpretazione del problema dello svantaggio e della deprivazione nei paesi in via di sviluppo, identificando il criterio dello sviluppo non nell’aumento del reddito pro-capite e del PIL, ma piuttosto nell’inclusione di questi elementi in un modello teorico in cui i tradizionali riferimenti degli aggregati quantitativi dell’economia si situano in una posizione strumentale rispetto agli aggregati qualitativi della vita socio-politica. Sen individua la libertà come il fine dello sviluppo e costruisce intorno a questa teleologia una rete di significato e di verifica causale sulle relazioni fra economia del benessere e libertà civili e politiche, nonché sul piano etico-universalistico dei diritti umani. La sua proposta si concentra sulla libertà come valore, ossia come criterio orientativo dell’attività pratica; e sulla libertà in relazione alla sua declinazione plurale, intesa come un insieme di occasioni e di possibilità di agire razionalmente attraverso gli strumenti istituzionali tipici delle democrazie sviluppate – ciò che l’autore ripetutamente qualifica come capabilities, di cui ogni essere umano dovrebbe poter disporre e alle quali dovrebbe poter accedere: le occasioni economiche, le libertà politiche, le disponibilità sociali, le garanzie di trasparenza. Estremamente interessante, inoltre, è la sottolineatura critica della teoria della modernizzazione individuata attraverso la razionalizzazione occidentale (nel tradizionale profilo dello sviluppo delle libertà civili, dello Stato burocratico e del capitalismo industrializzato e tecnologico): questo argomento viene criticato da Sen, il quale mostra che l’emergere della laicizzazione, della tolleranza e dello sviluppo scientifico non è stato prerogativa esclusiva della cultura occidentale, ma si trova anche nelle tradizioni culturali asiatiche e arabe. Tutto ciò apre una prospettiva stimolante per un’interpretazione della globalizzazione nel segno di una ricomposizione della razionalità sociale, che si allontana dalle radicalizzazioni tipiche della filosofia sociale ispirata alle tradizioni dell’empirismo logico e del neoutilitarismo. A questa ricchissima elaborazione sul piano teorico, nel libro si accompagna una copiosa letteratura di tipo empirico, corredata da schede e rilevazioni statistiche condotte negli anni Novanta: da notare a questo proposito la dimostrazione che all’aumento del reddito procapite nazionale in contesti autoritari non segue di necessità l’incremento sostanziale della libertà dall’ignoranza o dalla mortalità infantile, o la libertà dalla disoccupazione o di discussione pubblica.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2000
Recensito da
Anno recensione 2001
Comune Milano
Pagine 355
Editore