L'uomo e il divino


Questa edizione italiana presenta il maggiore lavoro “filosofico” della grande poetessa e pensatrice spagnola nella sua versione definitiva del 1973. Prima di intraprendere la lunga e tormentata esperienza dell’esilio latinoamericano e italiano, Maria Zambrano ascoltò con attenzione le lezioni madrilene di Ortega y Gasset e attraverso di esse si accostò, con acuta sensibilità poetica, alla mitologia classica, alle intuizioni nietzscheane sul tragico e alle riflessioni heideggeriane sul sacro. Ne scaturì un volume in prosa ricco di erudizione antiquaria, di baluginanti intuizioni speculative e percorso da un gusto narrativo ed ermeneutico nei confronti del mito greco, che denota una insolita genuinità – ma non sempre di facile lettura e di immediata comprensione per chi lo scruti con lo sguardo critico e scettico del filosofo di professione. La creazione da parte dell’uomo delle divinità olimpiche nella luminosità e definitezza del loro ordine, e la filosofia post-socratica, con la significativa eccezione della numerologia sacra del pitagorismo e del platonismo, costituiscono una presa di distanza rispetto al sacro originario che tutto avvolge, ai primordi della religiosità, nella originaria ambiguità tra la Notte e il Giorno e tra la Luce e le Tenebre. All’inizio tra arte e filosofia non v’è distacco irreparabile, perché esse scaturiscono dalla stessa esperienza originaria: ben presto, tuttavia, il transito dallo “apeiron” anassimandreo al dio aristotelico, la cui essenza si risolve nella visione di sé, costituisce il primo passo dell’Occidente in direzione del disincanto del mondo e della secolarizzazione della modernità, con il suo estremo approdo nichilistico. Proprio qui riemerge dal profondo, nella forma rovesciata del Nulla dei mistici del “Secolo d’oro” e di Lutero e in pagine autorevoli del pensiero Otto-novecentesco, una esperienza originaria del sacro, che è al tempo stesso pagana e biblica. Colpisce il lettore l’assenza di una approfondita riflessione sulla forma specifica assunta dal divino nel cristianesimo, che vada al di là dei temi della teologia della croce derivati da Miguel de Unamuno: la concezione di un Dio, prima e al di là degli dei e degli uomini, appare condita di un vitalismo naturalistico, atemporale e astorico che tutto riconduce all’esperienza simbiotica di un Assoluto senza volto. L’opus magnum dell’autrice castigliana, precorritrice ed interprete autorevole dei temi del pensiero tragico, testimonia dunque la necessità di non sciogliere il nodo tra il sì ed il no, di evitare l’occultamento razionalistico della struttura ancipite del reale.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2001
Recensito da
Anno recensione 2002
Comune Roma
Pagine XXXV + 403
Editore