Madonne che piangono, ma anche madonne che spandono profumi, emanano bagliori accecanti, parlano, stillano sangue: i sensi e l’intero corpo vengono chiamati in causa dalle visioni che periodicamente si segnalano in ogni parte dell’Italia. Di questi eventi, delle loro caratteristiche salienti (e ricorrenti), si occupa la ricerca di Franca Romano. Le madonne del XX secolo ammoniscono i fedeli sull’uso della televisione, una “cattiva maestra” che in alcune occasioni può vestire gli abiti del peccato. Oggi parlano in percentuale molto più alta che in passato anche alle donne, seguendo così l’evoluzione conosciuta dal rapporto tra i sessi, dal ruolo organizzativo svolto dalle donne. Le madonne che piangono sono solidali con la sofferenza umana, permettono agli uomini e alle donne di manifestare “vivamente” quel dolore che non è più visibile nelle strade (ma è tenuto distante in luoghi circoscritti) e, mediante la sofferenza, aiutano la comunicazione tra le persone. Molti dei messaggi da loro inviati vanno nella direzione di un rifiuto dell’omologazione, del recupero di spazi meno soffocati dagli obblighi della civiltà industriale. Per contrastarli viene esaltata l’importanza del digiuno, che diventa una “preghiera del corpo” che aiuta ad allontanare le tentazioni della vita materiale.
Ritorna il tema del linguaggio del corpo, un linguaggio che crea ancora un serio disagio, proprio quando la sua ostentazione è una pratica costante. Crea disagio in modo particolare l’insistenza con cui, dalle visioni, sgorga sangue, simbolo di vita, ma anche di morte, di fecondità e di dolore e richiama la necessità per l’uomo di “scavare dentro il proprio corpo per ritrovare la parte viva e pulsante”. Dalle visioni escono esaltate le metafore corporee femminili, viene restituita alla loro funzione rassicurante il fluire dei mitici liquidi vitali che rinsaldano la dinamica vita/morte. Le lacrime della Madonna sono una novità per il mondo cattolico: Pietro e lo stesso Gesù vengono descritti mentre piangono, mentre di Maria non si dice nulla, coerentemente con la costruzione del suo corpo, al confine – afferma Franca Romano – tra il non umano e il non divino. Il suo pianto descritto dai veggenti è però l’unico dolore “vivo” in una società che controlla progressivamente le emozioni; le sue lacrime danno valore al linguaggio di comunicazione espresso dal dolore e sono il segno della sua com-passione e del suo essere-con gli uomini.