Memoria di Ulisse

Racconti sulla frontiera nell’antica Grecia


Hartog continua in questo nuovo volume il suo originale percorso di indagine dell’interesse etnografico greco. Seguendo la lezione di Lévi-Strauss in Tristi Tropici, per cui, pur partendo alla scoperta di mondi e di genti ‘altre’, «on court le monde, d’abord, à la recherche de soi», l’autore interpreta l’interesse dei Greci per l’etnografia quale strumento per una migliore definizione dell’identità greca, attraverso la presa di coscienza delle differenze dell’«altro» da sé. La chiave di lettura si sposta in questo caso alle narrazioni omeriche dei viaggi di Ulisse e di coloro che l’hanno seguito o imitato. Il senso del viaggio, unitamente alle nozioni di ‘frontiera’ e di ‘straniero’, è qui analizzato per il tramite del pensiero di Lévi-nas, secondo cui il viaggio dell’eroe omerico è l’immagine stessa della filosofia occidentale, e la sua avventura nel mondo «altro non è che un ritorno alla sua terra d’origine, compiacimento del Medesimo, sconoscimento dell’Altro». Quello di Ulisse, “uomo-frontiera”, non è infatti né un viaggio di fuga o di evasione dal proprio mondo, né tantomeno un viaggio di fondazione, ma un viaggio di ritorno. Ulisse è il modello del viaggiatore che basta a se stesso, e che nell’incontro coi Lotofagi, con la maga Circe, con le Sirene, si ferma, descrive, narra, e nel momento in cui parla dell’Altro, parla in realtà di se stesso, spinto dal bisogno di ribadire la propria identità. La cultura ebraica può contrapporre all’eroe greco il modello di Abramo che, spinto da Dio lontano dalla sua terra, verso l’ignoto, non sente il bisogno di stabilire intorno a sé e al suo popolo i confini di un’identità che resiste invariata al mutare dello spazio. Il modello di Ulisse è seguito da altri viaggiatori dell’antichità: dallo scita Anacarsi, il mitico sapiente condannato per-ché, dopo un viaggio nella dotta Grecia, ha dimenticato le norme e i limiti imposti dal costume avito, ad Alessandro Magno. La conclusione del libro riserva tuttavia una ‘sorpresa’: in età tardoantica si affaccia in Grecia una nuova figura di viaggia-tore, un anti-Ulisse. Si tratta del filosofo neopitagorico, mago e indovino Apollo-nio di Tiana, che fa del viaggio una parte integrante della propria filosofia di vita: va per il piacere di andare, non pensa al ritorno, ma si prefigge di imparare e di insegnare. È nata la figura del sapiente itinerante, del nomade che si apre all’Altro e viaggia in direzione delle ‘saggezze straniere’, cosciente della propria saggezza.

Dati aggiuntivi

Autore
  • François Hartog

    directeur d'études - Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Paris (F)

Anno pubblicazione 2002
Recensito da
Anno recensione 2002
Comune Torino
Pagine VIII + 292
Editore