Tempo di bilanci. La fine del Novecento


Il volume di Segre non è ‘solo’ un resoconto dell’attività letteraria italiana nel Novecento, ma costituisce anche un severo esame dello stato di salute morale del nostro paese. Infatti in letteratura, come nella vita sociale e politica, il Novecento italiano non ha prodotto spunti originali e nemmeno correnti o tendenze autonome come è avvenuto per le esperienze francesi o tedesche. A parte isolate eccezioni – Svevo, Calvino, Pirandello e Primo Levi – la letteratura italiana è stata passiva rispetto ai grandi movimenti culturali e non ha saputo ritagliarsi un proprio spazio mentre si registrava il passaggio dal dominio della lirica a quello della narrativa. La condizione della letteratura riflette quella della società italiana, in cui sono in declino gli ideali di miglioramento collettivo e in cui non si vedono elaborazioni del passaggio dalla cultura umanistica a quella multimediale. Allo stesso tempo si è dovuto rilevare – non soltanto in Italia – che la posizione della letteratura, il prestigio dello scrittore e l’efficacia della scrittura come forma di comunicazione hanno progressivamente perduto autorevolezza (rispetto al cinema e, soprattutto, nei confronti della televisione). A questo riguardo è forte il monito dell’autore nei confronti del pericolo che i detentori dei mezzi di comunicazione di massa possano condurre a una manipolazione delle coscienze i cui esiti tragici sono stati i momenti principali del Novecento. Per scongiurare questo pericolo, la letteratura deve caratterizzarsi attraverso un’autonoma forza etica, che deve diventare anche uno dei principali parametri attraverso cui giudicare l’artista. Al centro del volume si trova dunque il rapporto tra etica e letteratura. Si spiega in questo modo l’attenzione verso tutti quegli autori che hanno dedicato la loro opera all’analisi dei temi etici e delle questioni politiche per ribadire la necessità di recuperare la categoria di impegno, che non deve rimandare al fiancheggiamento di un’ideologia, ma servire a recuperare il necessario contatto dell’artista (e dell’esperienza artistica) con la complessità del reale. La letteratura non può dunque sottrarsi al compito di diventare portatrice di una nuova sensibilità etica in grado di contrastare l’indifferenza morale, l’agnosticismo politico e la miopia utilitaristica che sono tra i mali più evidenti che si sono propagati sul finire del secolo scorso. E’ giunto il momento di lavorare per un nuovo impegno, conclude Segre, che è fondamentale per la sopravvivenza della civiltà.

Dati aggiuntivi

Autore
  • Cesare Segre

    Docente di Filologia romanza - Università di Pavia

Anno pubblicazione 2005
Recensito da
Anno recensione 2006
Comune Torino
Pagine XIV+322
Editore