Zenone di Elea


Il volume presenta le lezioni tenute da Giorgio Colli all’Università di Pisa nell’Anno Accademico 1964-65, raccolte da Ernesto Berti e in parte riviste dallo stesso Colli. Con i due corsi successivi dedicati a Gorgia di Leontini (1965-66) e a Parmenide di Elea (1966-67), secondo un lungo frammento riportato in La ragione errabonda. (Milano, 1983), doveva costituire il corpo centrale di un’opera, mai terminata, intitolata Origine della dialettica. Tuttavia, l’importanza dell’opera va ben oltre i limiti imposti dalla prassi della lezione e dalle difficoltà che sorgono a proposito della “fedeltà” degli appunti. Questo Zenone deve perciò essere letto tenendo ben presente l’importante tradizione di studi sull’Eleatismo, con particolare riferimento a Guido Calogero (Studi sull’Eleatismo, Firenze, 1932) e a Mario Untersteiner (Zenone. Testimonianze e frammenti, Firenze, 1963). In particolare, la prima parte dell’opera di Colli è dedicata alla comprensione della figura di Zenone quale creatore della dialettica come tecnica dell’argomentazione. Sebbene sia evidente che non è possibile ricondurre a un solo autore una invenzione concettuale così rilevante, Colli riconosce in Zenone un autore autonomo, che si distingue da Parmenide non solamente per le capacità tecniche, ma anche nella formulazione di una propria dottrina. In ciò distinguendosi sicuramente da Untersteiner, che pone la massima attenzione alla ricostruzione del rapporto tra doxa e aletheia in Zenone, con l’intento di confermarne il ruolo tradizionale di difensore di Parmenide. Difesa che, secondo Calogero, costituì nel proprio procedere aporetico la dissoluzione della scuola Eleatica. Di particolare interesse, nell’opera di Colli, anche la scelta di una lettura strettamente filologica degli argomenti sull’impossibilità del movimento che solitamente vengono tradotti secondo modelli matematici contemporanei (Cfr. R. Mondolfo, L’infinito nel pensiero dell’antichità classica, Firenze, 1956). Ciò risulta evidente soprattutto nella scelta di non distinguere nettamente l’argomento della dicotomia da quello di Achille, riconoscendo in entrambi l’inizio del movimento e l’impossibilità di giungere alla fine del percorso. Per quanto riguarda l’argomento dello stadio, Colli si limita a denunciarne la banalità – sintomo di sicura corruzione delle testimonianze pervenuteci – e la risolutiva critica aristotelica. Non dimenticando che le aporie di Zenone sono comunque inconfutabili: “la sensibilità – e solamente Colli usa questo termine – può apprendere il movimento, ma solo attraverso elementi statici, e la ragione non se lo spiega”.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1998
Recensito da
Anno recensione 1999
Comune Milano
Pagine 177
Editore