L’installazione site specific Chora Park di Marina Gasparini, a cura di Antonella Battilani, si propone come una riflessione sul concetto di ambiente realizzata attraverso una rielaborazione della dicotomia microcosmo/macrocosmo.

La doppia installazione si fonda su un concatenamento di immagini comprendenti iconografie e suggestioni cromatiche che, partendo dal “Timeo” platonico, seguono il misterioso filo rosso della parola “Chora”. Dipanandosi tra interpretazioni, o meglio “iscrizioni”, questo termine ci pone di fronte alla ambiguità del logos e a quella insita nel concetto di ambiente. Marina Gasparini sceglie di soffermarsi sul patrimonio iconologico che caratterizza un preciso momento storico: quando due testi scientifici mirabilmente illustrati (il De corporis humani fabrica di Vesalio e il De revolutionibus orbium coelestium di Copernico), entrambi del 1543, inaugurano la moderna separazione tra microcosmo e macrocosmo e la “destrutturazione” del corpo umano come pratica del sapere anatomico. Dalle tavole del Vesalio e dai primi diagrammi cosmologici di stampo eliocentrico, nascono rispettivamente le tre sculture tessili ispirate al sistema sanguigno e la collana metallica composta dalle orbite degli astri inanellate tra loro. I colori scelti per l’installazione echeggiano il rosso degli edifici del Parc de la Villette di Parigi, le cui folies si associano al progetto Chora L Works, ovvero il modello di un complesso confronto tra cultura, filosofia e architettura intesa come de/limitazione dello spazio.

“Il lavoro di Marina Gasparini insegna a ricollocare la bellezza nello spazio, in quel termine ambiguo che i greci chiamavano chora, che è il luogo – il luogo incerto – in cui si inscrive la polis, la città. Ambiente in cui si fondono, come nel sangue, attraverso fili che sembrano sangue, microcosmo e macrocosmo. Il senso, la bellezza, l’arte, può essere nei cieli, come “idea” non sensibile, ma può anche essere idea “estetica”, che si frantuma nelle cose, nel nostro stesso corpo – tra Copernico e Vesalio… l’installazione insegna che l’arte, per usare un’espressione di Pavel Florenskij, esige una policentricità della rappresentazione: l’arte non è una idea lontana, ma un modo per meglio osservare, descrivere, riprodurre la qualità degli eventi del mondo, la chora che contiene la polis che abitiamo” (dal saggio critico di Elio Franzini, professore di Estetica e Rettore dell’Università di Milano, nel catalogo dell’installazione).

L’installazione rientra nell’ambito della programmazione del ciclo ‘Ambiente. Tra natura, storia e cultura’, sviluppata dal Centro Culturale, tesa ad approfondire l’aggravarsi dei problemi ambientali che ha contraddistinto gli ultimi decenni, riservando particolare attenzione ai rischi legati a fenomeni critici come il consumo indiscriminato del suolo e delle risorse naturali, la produzione di inquinamento, la manipolazione intensiva della biosfera da parte dell’uomo.

La riflessione storica e critica sull’ambiente ci permette di capire che esso è sempre il frutto di relazioni complesse e dell’interazione di una pluralità di fattori, antropici e non, di ordine climatico, evolutivo, socioeconomico e tecnologico.

 

Riepilogo

Anno accademico
Tema
  • Chora Park
Periodo

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