Ogni tentativo di disegnare con ampio tratteggio la figura di Socrate, e sia pure in linee sfumate, deve fare i conti con la constatazione che i suoi contorni dovevano apparire anche ai contemporanei sfuggenti, o almeno non facilmente definibili. Questa è sicuramente l’impressione che Platone intende trasmettere con le parole che fa pronunciare ad Alcibiade nel Simposio, all’interno di un discorso in lode di Socrate-eros. Alcibiade aveva denunciato sin dall’esordio la «stranezza» di Socrate (atopia) come il suo tratto più caratterizzante, legandovi l’esigenza di elogiarlo «per immagini», precisamente quelle delle statuine dei Sileni visibili nelle botteghe degli artisti (Simposio 215a-b). Ora ribadisce sul finale, con il tono dolceamaro dell’innamorato che non è riuscito a diventare parte del mondo di Socrate, che il senso della sua personalità e dei suoi discorsi si può rendere solo paragonandolo a questi esseri semidivini, poiché, per quella sua atopia, egli non ha simili fra gli esseri umani. D’altronde lo sconcerto reiterato di Alcibiade ci dice qualcosa che Socrate doveva essere certamente: ovvero, autenticamente eccentrico. La parola italiana traduce quasi a calco l’aggettivo a-topos, che ricorre spesso a caratterizzarlo nei dialoghi di Platone, e significa letteralmente «privo di luogo» e «fuori posto», dunque strano in quanto stra-vagante, non classificabile. Il giovane Fedro, per esempio, all’inizio del dialogo omonimo, chiama Socrate atopos allorché lo vede stupefatto dalla bellezza del paesaggio attorno ad Atene, quasi fosse uno straniero in quei luoghi, lui che non è mai uscito dalle mura della sua città (fra l’altro, tale stupore si esprime in una descrizione paesistica che, oltreché vividissima, è unica nella letteratura greca classica). E qui Socrate ammette di non essere in effetti abituato alla contemplazione della natura avendo dedicato tutta la sua attenzione agli uomini, così presentando come una scelta altamente personale quell’abbandono dell’interesse per la natura in favore della morale che ha avuto anche il senso, ben noto, di una svolta cruciale nella storia della filosofia (Fedro 230c).
(da M.M. Sassi, Indagine su Socrate. Persona filosofo cittadino, Torino, Einaudi, 2015, pp. 3-4)*
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