• Utopia

    Piccole ragioni. Filosofia con i bambini

Il pensiero simbolico

Tra imitazione e rappresentazione

  • martedì 18 Ottobre 2011 - 17.00
Filosofia con i bambini

Video integrale

Il messaggio «questo è un gioco» permette di comprendere che la mimesi è appunto mimesi di qualcosa o di qualcuno (e non è il qualcosa o il qualcuno). Permette di accettare la mimesi come forma di comunicazione senza perdere di vista la cornice. Un po’ come il quadro di Magritte Condition Humaine, del quale il pittore dice: «La condizione umana fu la soluzione al problema della finestra. Misi di fronte a una finestra, vista dall’interno di una stanza, un quadro rappresentante esattamente la parte di paesaggio nascosta alla vista dal quadro. Quindi l’albero raffigurato nel quadro nascondeva alla vista l’albero vero dietro di esso, fuori della stanza. Esso esisteva per lo spettatore, per così dire, simultaneamente nella sua mente, come dentro la stanza nel quadro e fuori nel paesaggio reale. Ed è così che vediamo il mondo: lo vediamo come al di fuori di noi anche se è solo di una rappresentazione mentale di esso che facciamo esperienza dentro di noi. Allo stesso modo a volte situiamo nel passato una cosa che accade nel presente. Il tempo e lo spazio perdono così il loro significato grossolano, l’unico di cui l’esperienza quotidiana tenga conto». In questo gioco di mimesi, nascondimento, differenza fra modello e rappresentazione, nella messa in evidenza del contrasto tra spazio tridimensionale e tela piatta, Magritte aspira a mostrarci gli artifici e le ambiguità della rappresentazione. In un contesto simile, come ha osservato Michael Kubovy, la finestra funziona solo se non è del tutto trasparente: «per vedere il mondo dobbiamo percepire la finestra». Magritte trasforma in rappresentazione artistica ciò che è oggetto di una ambiguità epistemologica. Siamo di fronte alla possibilità di distinguere concettualmente ed epistemologicamente tra illusione e inganno, una distinzione che troviamo già in Kant a proposito della poesia. Il gioco, in quanto mimesi, può essere considerato un’illusione, ma non un inganno: in Bateson la differenza consiste nel fatto che nell’illusione è presupposta la percezione consapevole del contesto, mentre nell’inganno è al contrario esclusa la percezione del contesto.

(da A.M. Iacono, a cura di, Per mari aperti. Viaggi tra filosofia e poesia nelle scuole elementari, Roma, Manifestolibri, 2003, pp. 21-22)*

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I simboli sono evidenze (storiche, culturali, estetiche) che, ancor prima di una definizione storica o storico-culturale, hanno una caratteristica che sul piano metodologico attira un’attenzione descrittiva: il loro senso non si esaurisce al primo sguardo, in una definizione, in una cultura o in un linguaggio. Richiedono invece interpretazioni, sguardi stratificati, sinergie linguistiche, dimensioni diacroniche e sincroniche intrecciate: la «tematizzazione» implica un’indagine sul significato e il valore, in cui si mostri il senso dialogico ed espressivo dell’evidenza descritta. L’indagine sul simbolo è un esplicito modello epistemologico: è modello perché insegna che le evidenze non possono essere ridotte a «fatti», bensì devono venire sempre di nuovo interrogate. Questa è, peraltro, la funzione della scienza: non limitare il proprio sguardo al fattuale, non ritenere una spiegazione come «conclusiva», una «intenzionalizzazione» come «definitiva», bensì rinnovare l’interrogazione, cercando di connettere rappresentazione e concetto, evidenza e nascondimento, identità e differenza, senso e immagine (…). Indagare il simbolo come modello epistemologico non significa allora «spiegarlo», bensì chiarificare un’idea di scienza, e il senso fondativo che la descrizione fenomenologica in essa riveste. L’intenzionalità fungente che l’interrogazione del simbolico manifesta è un’esigenza di chiarificazione e non di spiegazione, esigenza che è all’origine di ogni fondazione epistemologica. Tale chiarificazione richiede uno sguardo descrittivo che si eserciti sulle evidenze empiriche, mettendone in rilievo, in primo luogo, le caratteristiche generali. Il simbolo è, in virtù del suo stesso etimo, e della storia che ne è alla base, un intero, nel senso che comporta una «unificazione di parti» (…). Il mondo si presenta senza dubbio, al primo sguardo, come una serie di discontinuità: ma il compito della conoscenza – ed è qui la sua radice simbolica, «riunificatrice» – è quello di costituire, tramite le operazioni dell’esperienza, la percezione, la rimemorazione, la memoria, l’immaginazione, una trama stratificata di rimandi associativi fondati nei contenuti stessi, che si «ridestano» attraverso i nostri atti.

(da E. Franzini, I simboli e l’invisibile. Figure e forme del pensiero simbolico, Milano, Il Saggiatore, 2008, pp. 10-12)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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