L'azione umanitaria tra etica ed economia

Il ruolo del no profit nelle crisi internazionali

  • venerdì 24 Marzo 2006 - 17.30
Centro Culturale

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Il mercato globale in virtù della forza intrinseca che risiede nella promessa di libertà, oltre ad avere occupato i confini demografici e territoriali del mondo, sta colonizzando l’immaginario collettivo, il pensiero e l’agire dei popoli. Questa è la premessa da cui partire per un ragionamento sul cosiddetto terzo settore e in particolare sulle ONG e sulle cosiddette agenzie umanitarie. Essendo questi soggetti collocati nell’area del libero mercato e quindi anch’essi sottoposti alle medesime dinamiche e logiche di sistema, diventa fondamentale ragionare innanzitutto sul ruolo che esse hanno al suo interno. A tal proposito pare che la tendenza in atto sia quella di una progressiva incorporazione e assimilazione delle ONG nel “sistema umanitario”come pezzi di una grande macchina compensatoria che agisce, appunto, in compensazione rispetto a quella grande e ingegnosa macchina finanziaria che preleva risorse alle popolazioni più povere attraverso i meccanismi del debito estero, del commercio, della finanza internazionale, ecc.
Nella maggior parte dei casi i finanziamenti destinati alle ONG e Agenzie Umanitarie provengono dalle Istituzioni internazionali facenti riferimento alle Nazioni Unite, da Istituzioni sopranazionali quali l’Unione Europea, da Istituzioni nazionali governative e da Fondazioni private facenti riferimento solitamente a grandi gruppi finanziari. Attraverso l’imposizione di una serie di vincoli, criteri e schemi. I finanziamenti sono riservati a determinate aree geografiche, piani di sviluppo e progetti molto spesso funzionali a strategie e interessi diretti o indiretti dei finanziatori piuttosto che dei beneficiari.
La casistica è infinita e appare evidente, a questo punto, l’importanza dell’autofinanziamento ovvero quella attività di raccolta popolare, “privata”, dei fondi necessari alla realizzazione dei progetti e alla sopravvivenza dell’organizzazione medesima. In coerenza con quanto appena affermato, l’autofinanziamento ha valore non solo perché, molto spesso, quote proprie di partecipazione finanziaria ai progetti rappresentano la condizione necessaria per ottenere il finanziamento complessivo del progetto da parte delle istituzioni donanti, ma anche per il fatto che una disponibilità finanziaria propria consente di pianificare, realizzare e sostenere nel tempo progetti che per varie ragioni non rientrano nei parametri di selezione delle istituzioni donanti, progetti che partono prima di tutto dal contatto con la realtà, dalla condivisione con gli ultimi, dall’ascolto e dall’osservazione dei loro bisogni.
Godere di una disponibilità finanziaria propria significa inoltre dotarsi di un solido bilancio economico capace di sostenere i costi di gestione, compresi quelli del personale, che solitamente non trovano copertura negli schemi di finanziamento delle istituzioni donanti. Ciò consente lo sviluppo di una progettualità più complessa e più presente nel tempo grazie alla possibilità di mantenere propri operatori in loco, dalle fasi di studio a quelle di verifica dei progetti, oltre a tutto lo staff di coordinamento e di supporto nel lavoro di amministrazione. Consente di formare e preparare in maniera adeguata il proprio personale, garantendo i diritti del lavoro e un costante aggiornamento professionale, elementi sempre più rari nel mondo della globalizzazione, del contenimento dei costi e delle continue razionalizzazioni.
Detto ciò si arriva alla questione fondamentale, ovvero il fatto che una buona autonomia decisionale è garantita soltanto dalle proprie risorse economiche. L’analisi dei contesti, la lettura dei bisogni, l’impostazione dei progetti, lo stile di relazione con le controparti, la realizzazione dei programmi, anche se apparentemente non può sembrare, sono intrinsecamente legati alla provenienza dei fondi. Ma l’autonomia decisionale si gioca non solo sui progetti. Esiste un livello più alto in cui la libertà di pensiero, di parola e di azione non possono essere sottoposte a censure finanziarie. E’ il livello in cui le organizzazioni della società civile interpretano quel ruolo che è loro proprio nelle società democratiche ovvero di partecipazione culturale e politica, controllo popolare e democratico sulle istituzioni, proposizione di nuove iniziative volte al miglioramento della qualità della vita.

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