Antropologia della vulnerabilità


Il concetto di vulnerabilità fornisce alla psicopatologia un efficace modello euristico ponendo in primo piano lo scarto che nella malattia separa l’uomo dal mondo, scarto particolarmente evidente nell’esperienza della follia come lotta. E’ infatti nella reattività di ogni individuo, nella lotta tragica che intraprende nel tentativo di ricostituire il mondo perduto, pervenendo a quelle che Binswanger ha definito forme di esistenza mancata, che Stanghellini riconosce «il cardine di ogni psicopatologia che voglia dirsi antropologica» (p.166). Il riconoscimento della funzione patoplastica della personalità, restituendo un ruolo fondamentale agli affetti nella costituzione della forma finale della malattia, conferma la necessità di riconsiderare il ruolo della persona nella psicopatologia, poiché lo scarto che si produce tra uomo e mondo è proprio di ogni esperienza. Grazie alla distanza che ogni uomo interpone tra sé e il mondo e tra se stesso e la propria identità è possibile una donazione di senso allo stesso tempo costitutiva della realtà e passibile di ogni modificazione e adattamento che si rendano opportuni. Quando la flessibilità dell’esperienza soggettiva e intersoggettiva, la depersonalizzazione e la presa di distanza da sé e dal mondo non sono più governabili e non è più possibile un ritorno alla prassi quotidiana è necessario parlare di malattia. Stanghellini correla perciò la dicotomia tra io e mondo presente nella riflessione filosofica con quella esperita nella psicopatologia, rilevando come la sospensione dell’esperienza del mondo propria delle psicosi possa essere riconosciuta come epoché. Ciò che la distingue dall’epoché fenomenologica è la passività del soggetto che ne subisce gli effetti il quale, incapace di dominare l’esperienza di sospensione del mondo determina la forma della malattia in quanto, sostiene Stanghellini, «la condizione che predispone alla patologia mentale [è] da intendersi come un’eccessiva resistenza o un’eccessiva inclinazione all’epoché fenomenologica» (p.185). Questa analogia consente di riconsiderare, sia dal punto di vista psicopatologico che da quello filosofico, alcune coppie di concetti che risultano così essere fondativi di un nuovo paradigma antropologico: autenticità-inautenticità, proporzione-sproporzione, euritmia-aritmia, attività-passività. In tal senso, il paradigma della vulnerabilità rivela quanto le minacce incombenti sull’esistenza siano «modalità immanenti alla struttura fondamentale dell’essere-uomo» (p.127). G.Stanghellini lavora presso il Dipartimento di Salute Mentale di Firenze, è autore con A.Ballerini di Ossessione e rivelazione, Torino, 1992, e curatore di Verso la schizofrenia. La teoria dei sintomi-base, Napoli, 1992.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1997
Recensito da
Anno recensione 1997
Comune Milano
Pagine 212
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