Il dono

Vita familiare e relazioni pubbliche nella Francia del Cinquecento


A partire dallo studio inaugurale sul dono di Marcel Mauss, comparso nel 1925, molte pagine sono state scritte sui riti dello scambio e dell’emulazione reciproca nelle società ‘arcaiche’ in cui scambi e contratti vengono realizzati sotto forma di donativi «in teoria volontari, in realtà fatti e ricambiati obbligatoriamente». Con riferimento a fenomeni già descritti da Malinowski e da Boas, in particolare al “potlàc”, Mauss arrivava a definire il concetto di “prestazione totale”, e cioè un’operazione nella quale entrava in gioco l’insieme dei fattori costituenti la realtà di un gruppo umano nella sua organizzazione sociale. Il “potlàc” era infatti una gara tra esponenti di varie tribù che si sostanziava nell’offrire ai rappresentanti degli altri gruppi cibi pregiati e oggetti di valore, ostentando una generosità senza limiti allo scopo di affermare il proprio prestigio sociale e stabilire una graduatoria nella distribuzione del potere politico e sociale fra i vari lignaggi. La conclusione di Mauss era che queste specifiche forme di scambio assoluto e totalizzante fossero destinate a scomparire in economie più moderne e dominate dalla legge del mercato, dei contratti e del denaro. La tesi di fondo del volume della Zemon Davis parte proprio da questa conclusione per arrivare a sostenere che il fenomeno culturale del dono, pur variando nei diversi periodi storici, mantiene identico il proprio significato di modalità relazionale, e può convivere senza contrasti con lo scambio di tipo mercantile e con la semplice coercizione. L’ambientazione storica scelta dalla studiosa è particolarmente felice: la Francia del Cinquecento, che vede protagonisti del calibro di Rabelais, Montaigne, Margherita di Navarra. Se numerosi sono gli elementi che contribuirono in questo periodo alla fortuna delle pratiche del dono, come la diffusione della stampa, altrettanto numerosi e importanti furono i fattori che ne minarono la natura, quali la difficile reciprocità nei rapporti tra sovrani e sudditi, e i rapporti di ‘gerarchia’ genitori/figli, uomini/donne all’interno di uno stesso nucleo famigliare. Con rigore scientifico la studiosa passa dall’analisi della concessione di una carica a un cliente all’invio di un libro d’ore a una nipote, alla dedica di un’opera letteraria, al dono ‘cattivo’ per effetto del dominio eccessivo del donatore, fino a toccare il problema del sacrificio religioso e del rito della Messa. Così facendo, l’Autrice individua quello che lei definisce “il registro del dono”, il modo cioè di attribuire a ciascun singolo dono un carattere permanente e distintivo delle relazioni sociali dell’epoca.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2002
Recensito da
Anno recensione 2003
Comune Milano
Pagine 228
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