La cultura dei vinti


Il Sud degli Stati Uniti (dopo la guerra civile), la Francia (dopo la guerra con la Prussia del 1871) e la Germania (dopo la prima guerra mondiale) sono i tre casi analizzati dall’Autore intorno al rapporto tra sconfitta bellica e formazione di costellazioni culturali. L’Autore afferma che dopo ogni capitolazione ha inizio una lotta etica e giuridica attraverso cui la parte sconfitta, presentandosi come personificazione della purezza profanata, tenta di ottenere una vittoria morale nei confronti del vincitore. Nascono così i miti della sconfitta che non sono soltanto finzioni dell’immaginazione, ma anche scudi protettivi psicologici per interi popoli. Gli Stati del Sud, dopo la guerra civile, scomparvero come entità politica, ma continuarono a vivere con la convinzione della propria superiorità morale nei confronti di vincitori che rappresentavano una cultura mercantile materialistica, dando così vita all’immagine di una terra che rappresentava l’ideale agrario di una “contro America” che si affermò in campo letterario e cinematografico. La Francia si creò invece un sogno di rivincita che diede alla Terza Repubblica una coesione sociale e culturale senza la quale essa non avrebbe potuto sopravvivere. Fu poi il mito dell’espansione coloniale a stimolare il nuovo sviluppo della Francia, distanziando psicologicamente la nazione dalla sconfitta. I tedeschi sconfitti nel 1918 non disponevano di una rete psicologica di sicurezza come l’orgoglio nazionale dei francesi, ma si portavano sulle spalle la memoria di secoli di subalternità e l’assenza di una tradizione repubblicana che stimolasse un coinvolgimento popolare. La sconfitta rivelò il fallimento e l’impotenza delle élites politiche e militari che, per difendere le loro azioni, crearono e diffusero il mito di un esercito non sconfitto in battaglia, ma soffocato dalla mera superiorità numerica del nemico, soprattutto dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Assunse così un ruolo decisivo il racconto dell’esperienza del fronte, con il suo quotidiano confrontarsi con il “fuoco”, cioè con pratiche di purificazione dalle illusioni della società prebellica. Non a caso i rituali del fuoco, rielaborati dai nazisti, rappresentarono un’ulteriore modulazione della retorica bellica. La ripetizione della sconfitta militare con il collasso economico della Repubblica di Weimar venne vissuta come nuova e ulteriore possibilità di purificazione: fu un uomo, Hitler, a promettere il rinnovamento morale della nazione, mettendo in connessione guerra, sconfitta, rinascita nazionale e ripresa della guerra nella nuova mitologia nazista.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2006
Recensito da
Anno recensione 2006
Comune Bologna
Pagine XXVIII+370
Editore