L'ultima parola

Contro il relativismo


Riprendendo il tema dell’oggettività della ragione, già affrontato in Uno sguardo da nessun luogo (Milano, 1988), Nagel si oppone al soggettivismo ed al relativismo, sostenendo una concezione impersonale della ragione. Se è possibile opporre coerentemente ragionamento a ragionamento, mostrando dove si sia eventualmente verificato un errore, risulta invece contraddittorio criticare la ragione stessa cercando di osservarla dall’esterno, denunciando in ogni ragionamento “l’espressione di una particolare prospettiva personale o culturale non valida universalmente, presumibilmente razionalizzata o oggettivata artificialmente in un atto di autoinganno intellettuale”. Tale riduzione presta il fianco alle stesse critiche che sono state mosse alla ragione e non può essere in alcun modo giustificata dal momento che non riconosce al ragionamento che un valore soggettivo. Bisogna dunque concordare con Descartes che, pur essendo necessario per il procedere della scienza cercare di trascendere noi stessi, davanti alla verità del pensiero e alle fondamentali verità matematiche non vi può essere dubbio. In ambito linguistico ciò si traduce in una posizione di dissenso nei confronti della tradizione analitica e nel sostegno di una posizione “eretica” che attribuisce al linguaggio un ruolo subordinato a quello del pensiero: le leggi della logica hanno una validità indipendente da quella che deriva loro dal significato degli operatori logici nella pratica linguistica. Allo stesso modo, anche lo scetticismo epistemologico ed ogni forma di empirismo devono essere rifiutati in favore di un realismo secondo il quale la scienza permette effettivamente di conoscere il mondo così come esso è. Infine la posizione realista deve essere estesa anche all’etica, riconoscendo la pretesa di generalità dei giudizi morali e la loro possibilità di essere “altruisti”, cioè non necessariamente vincolati alla prima persona. La scelta in favore del realismo è spesso, secondo Nagel, rifiutata per la sua sfumatura religiosa e sostituita da una spiegazione in termini evoluzionistici della corrispondenza sorprendente tra pensiero e realtà. Questo è però un errore, in quanto l’evoluzione non può sancire l’uso della ragione, ma soltanto spiegare la capacità dell’uomo di avervi accesso. “L’ultima parola – conclude Nagel – spetta all’epistemologia”, rendendo così evidente che “in ogni processo di ragionamento o in ogni argomentazione debbano esserci alcuni pensieri che semplicemente si pensano dall’interno, pensieri che non debbono essere considerati come disposizioni programmate biologicamente”.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1999
Recensito da
Anno recensione 1999
Comune Milano
Pagine 140
Editore