Manifesto Cyborg

Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo


L”autrice attualmente insegna Teoria femminista, cultura e storia della scienza e della tecnologia nel dipartimento di History of Consciousness dell”Università di California, a Santa Cruz. Dopo un dottorato in biologia a Yale, durante il periodo di insegnamento alla Johns Hopkins University, la Haraway inizia a sviluppare nell”ambito della storia della scienza un tipo di discorso di impronta marxista, adrenalinicamente antirazzista, non sessista e critico nei confronti delle applicazioni della tecnologia e della biologia all”industria bellica. Il passaggio all”Università della California la vede impegnata a lavorare al cyborg e, con parole sue, “su altre ibridizzazioni e fusioni tra l”organico, l”umano e il tecnico, e il modo in cui il materiale, il letterale e il tropico implodono”. II Manifesto raccoglie tre saggi scritti fra il 1978 e il 1989, e si vale di una utile introduzione di Rosi Braidotti, di cui è appena uscito Madri, mostri e macchine (Manifestolibri, 1996; a cura di Anna Maria Crispino). In questi saggi emergono molte idee guida della filosofia femminista statunitense contemporanea. Movimento che si riconosce nella definizione di cyber-feminism per indicare soprattutto tre aspetti: la propria collocazione nel cyberspazio, l”impegno politico concreto, un approccio alla tecnologia utile alle donne, radicalmente diverso da quello realizzato dal pensiero occidentale e dalla filosofia femminista europea. Quest”ultimo punto emerge chiaramente nel cyborg, definito da Haraway come creatura cibernetica di un mondo post-genere, totalmente al di fuori da qualsiasi mito delle origini come da idee evoluzioniste e deterministe. Il cyborg come continua conversione di materia e metafora è combinazione di organismo e macchina e anche figurazione invisibile, sfuggente trasformativa; una utopia “cresciuta sotto il sole della California” diretta a far implodere il potere come rete di sorveglianza perpetua. Da questo punto di vista il pensiero della Haraway si costituisce come una filosofia non esclusivamente legata alla donna. Considerate poi la rivisitazione delle categorie di organismo e individuo, che vengono completamente denaturalizzate per diventare costrutti non olistici, e l”idea di soggetto inteso come conoscenza incarnata e queer, cioé libero dalla matrice sessista e dal binomio etero-omo, la filosofia di Haraway appare come una proposta di lotta di liberazione collettiva dal biopotere e la vitale esortazione a rifondare i legami tra gli individui.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1995
Recensito da
Anno recensione 1997
Comune Milano
Pagine 194
Editore