Storia della tecnologia


Le speranze, l’ammirazione, ma anche il timore provocati dalle innovazioni tecnologiche e dalle figure dei loro ideatori sono un elemento costante della storia umana. Come testimonia il mito di Prometeo, fin dall’antichità si è guardato alla tecnica come a uno strumento in grado di migliorare la vita, ma al tempo stesso capace di alterare gli equilibri della natura. Il volume di Luisa Dolza segue l’evoluzione del rapporto tra la società, le istituzioni, il pensiero filosofico e l’ingegno tecnologico sottolineando il passaggio dall’ammirazione e la riconoscenza per chi possedeva capacità innovatrici al tramonto dell’idea romantica del genio solitario. Già il mondo latino riconosceva il ruolo positivo della tecnica e dei creatori di sapere che potevano donare all’uomo un’esistenza migliore. Questo tributo, interrotto durante i secoli seguiti al declino dell’Impero romano d’Occidente, viene rinnovato a partire dal secolo XI quando, con l’urbanizzazione e la formazione di nuove e più solide entità politiche, la tecnica si dimostra utile all’economia e al commercio. La facilità di movimento e di comunicazione che caratterizza in modo crescente i secoli successivi è una delle chiavi di lettura dei progressi economici e industriali che permettono il predominio delle principali potenze del continente europeo. Emerge però con sempre maggior forza l’esigenza di garantire una protezione e un riconoscimento legale all’innovazione e al suo ideatore: un tema che si lega strettamente al prestigio della nazione da cui proviene e alla competizione con gli altri stati. Non è un caso che la prima a disciplinare la materia sia stata Venezia, nel 1474, e che successivamente sia stata la monarchia inglese ad aver usato il sistema delle “patenti” per tutelare il “diritto d’autore” sulle invenzioni, con ciò esercitando un potere che si univa allo sfruttamento economico delle invenzioni tecniche. Contro questa concezione nel Settecento si leveranno le voci di coloro che, come Diderot, in nome della pubblica utilità della tecnica, considereranno le invenzioni proprietà collettiva. Tuttavia, con la rivoluzione industriale, le maggiori potenze comprendono la necessità di preparare tecnici e formare un’élite scientifica capace di gestire razionalmente i problemi e ricoprire il ruolo di guida del paese. Il tecnico non è più un eroe solitario, dotato di un genio innato, ma diventa il frutto di una scuola il cui livello misura il prestigio di una nazione. Con le guerre del XX secolo, conclude Dolza, il fascino dell’inventore e della tecnica comincia a declinare: aumentano i critici della tecnologia, vista come legata agli eventi bellici, e il tecnico torna nell’anonimato, inquadrato all’interno dei centri di ricerca o nei laboratori delle grandi industrie.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2008
Recensito da
Anno recensione 2009
ISBN 9788815125743
Comune Bologna
Pagine 241
Editore