Storia delle lacrime

Aspetti naturali e culturali del pianto


Un ricchissimo ed affascinante trattato di dacriologia (da dàkryon, che in greco significa appunto “lacrima”): così potremmo definire il volume di Tom Lutz, docente di Letteratura inglese alla University of Iowa. Alla domanda iniziale che apre il volume – Perché le lacrime? – l’autore risponde con un’ampiezza interdisciplinare di orizzonti. Scrivere delle lacrime e del pianto significa infatti esplorare spazi che vanno dall’antropologia alla letteratura, dalla scienza neurologica al mondo delle emozioni, dalla religione all’arte. Il pianto è inoltre un fenomeno esclusivamente umano: alle nostre attuali conoscenze, solo l’uomo è capace di piangere di commozione, malgrado alcuni scienziati sostengano che anche gli elefanti piangono quando vengono rimproverati, o quando ritrovano i loro addestratori. Particolarmente interessante la sezione dedicata alla fisiologia dell’emozione e delle lacrime: partendo dalle posizioni della “scuola ippocratica”, che riteneva le lacrime come umori in eccesso del cervello e il pianto un metodo di purgazione, per arrivare a Cartesio (che per primo individuò la funzione lubrificante delle lacrime all’interno dell’occhio), fino a Darwin, che vedeva nel pianto la conseguenza fisiologica del processo di raffreddamento dei bulbi oculari surriscaldati o ingorgati di sangue per l’angoscia o il disagio. Vengono naturalmente prese in esame anche le posizioni più moderne di studiosi come l’americano N. Frey, che negli anni Settanta si fece portatore di una moderna teoria ippocratica: le lacrime, come le urine, sono un modo di espellere sostanze chimiche come il manganese e proteine in eccesso che potrebbero creare stati di depressione o ulcerazioni. La sezione si chiude con un’interessante analisi delle cause e dei sintomi della mancanza di pianto, nota scientificamente come sindrome di Sjögren. Si passa quindi alla “psicologia delle lacrime” così come costruita dalle teorie ottocentesche e novecentesche, da quelle catartiche a quelle cognitivistiche e comportamentistiche, senza dimenticare Freud e William James. Apre la sezione sociologica Émile Durkheim, che analizza le lacrime quali “rappresentazione collettiva”, espressione dell’uomo sociale totale alla base di ogni civiltà. Particolarmente suggestive le citazioni letterarie da Cioran, secondo cui il pianto è assimilabile a una forma d’arte, “una musica che diviene materia”, a Barthes, che interpreta le lacrime del goethiano Werther per la sua Lotte come frutto del «corpo amoroso, che è un corpo bagnato, in espansione liquida», fino a Sartre, che vede nelle lacrime uno strumento positivo di opposizione al mondo circostante.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2002
Recensito da
Anno recensione 2003
Comune Milano
Pagine 312
Editore