Il ruolo geopolitico della nuova Europa

La politica estera dell’Unione dopo l’allargamento

  • mercoledì 26 Marzo 2003 - 17,30
Centro Culturale

Il significato storico dell’allargamento è fuori discussione. È per questo che il processo non è mai stato messo seriamente in dubbio. Non solo gli Stati dell’Unione, soprattutto dopo la sconfitta del comunismo, hanno sentito un «dovere morale» nei confronti dei Paesi che erano stati tagliati fuori dalla cortina di ferro, ma la stessa essenza dell’UE sarebbe stata messa in discussione da un mancato allargamento. La missione originaria della CEE era, infatti, proprio quella di creare pace e stabilità tramite l’integrazione e il suo successo più straordinario è stato quello di sanare il secolare conflitto tra Francia e Germania. Rinunciare ad estendere, dopo la caduta del muro di Berlino, la zona di pace e di stabilità ad Est non avrebbe quindi significato solo l’inadempienza verso un «dovere morale», ma un indebolimento del principio che ha animato l’integrazione nell’ultimo mezzo secolo anche al di qua della cortina di ferro. L’importanza del processo di integrazione per la transizione dell’Italia e della Germania e dei precedenti allargamenti per le altre giovani democrazie mediterranee di Grecia, Spagna e Portogallo, costituiscono confortanti modelli del successo dell’Unione nel consolidare e amplificare processi politici di stabilizzazione.
La lentezza dell’allargamento dell’Unione rispetto, per esempio, all’allargamento della Nato, non è dovuto, quindi, tanto a dubbi o ripensamenti nei confronti dell’ineluttabilità del processo, quanto alla complessità del progetto di integrazione europea, che coinvolge gli aspetti più importanti della vita politica, economica e sociale di ciascun Paese. Il percorso iniziato ufficialmente al vertice di Copenaghen nel giugno 1993 ha raggiunto un momento definitivo al recente vertice di Nizza, quando sono stati assegnati i voti all’interno degli organismi comunitari ai Paesi candidati, seguendo un percorso estenuante ma al tempo stesso inesorabile.
L’allargamento, pertanto, comporta spettacolari conseguenze tanto in termini istituzionali quanto in termini economici. Ma soprattutto l’allargamento rimane pur sempre un atto di politica estera da parte dell’Unione europea, essendo il suo obiettivo principale quello di garantire la pace e la stabilità nelle zone ad essa limitrofe. La presunta debolezza dell’UE in materia di politica internazionale verrebbe, quindi, clamorosamente smentita da una policy in grado di garantire una stabilità duratura a mezzo continente.
(da F. Andreatta, L’Unione allargata come attore internazionale, in “il Mulino”, 2001, n. 5, pp. 818-819)

Riferimenti Bibliografici


- G. Amato, Fini e confini dell’Europa, in “Limes”, 2002, n. 1;*
- M. Follini, L’Europa mondiale, in “Limes”, 2002, n. 1;*
- S. Gozi, Le prospettive dell’integrazione europea, in “EuropaEurope”, 2001, n. 6.

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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