La memoria della Germania

Il Monumento all'Olocausto e la rappresentazione delle vittime

  • Philippe Mesnard

    Professore di Letteratura moderna - Université Paris-Est Marne La Vallée (F)

  • martedì 29 Aprile 2008 - 17.30
Centro Studi Religiosi

Nel 1988 l'associazione Perspektive Berlin si costituisce attorno a due personalità: la giornalista Léa Rosh, nota come animatrice di programmi televisivi, in particolare di talk-show, e lo storico Eberhard Jäckel. I due si prefiggono di fare realizzare a Berlino, nuova capitale della Germania riunificata, un monumento commemorativo alla memoria degli Ebrei vittime del nazional-socialismo. Perspektive Berlin lancia nel 1989 un primo appello per erigere un monumento nei paesi dei "criminali/attori" (im Land der Täter). Nel 1993, il cancelliere si impegna nel progetto […]. Nel 1994 si bandisce il primo concorso.
Secondo il bando, il progetto deve cercare di presentare «un moto verso il dolore, di legare il turbamento e l'attenzione a una presa di coscienza della vergogna e della colpa. Ne dovrebbe scaturire un riconoscimento, e anche una volontà di pace, libertà, uguaglianza e tolleranza per l'avvenire». Sul piano estetico, gli artisti sono incoraggiati a discostarsi dal modello tradizionale di monumento. È loro lasciata una certa libertà.
Vengono proposti 528 progetti, di cui alcuni irrealizzabili. Come il n. 1333 I, che propone di edificare un silos capace di contenere il sangue di sei milioni di esseri umani, o il n. 1108 I che presenta un immenso campo "contro l'oblio" di sei milioni di schegge di vetro.
Molti pongono al centro dell'ideazione il sentimento di colpa e sfociano generalmente nel monumentalismo: così il progetto di uno spazio in cui i visitatori dovrebbero camminare sotto un immenso blocco di granito massiccio, oppure la scultura in acciaio di dieci metri di altezza per ricordare – cito – la «grandezza della colpa del popolo dei criminali».
Frequente è anche la tematica della distruzione, che  riprende la questione della rottura di civiltà (Zivilisationbruch) provocata da Auschwitz. In questo senso, Horst Hoheisel ha proposto di collocare i nomi dei sei campi di sterminio davanti ai sei pilastri della porta di Brandeburgo, poi di far saltare la porta con la dinamite in modo che le macerie si mescolino ai nomi dei campi. Il motivo della fiamma, soprattutto di una fiamma eterna, si ritrova in numerosi progetti.
L'iconografia dei campi compare spesso: le linee ferroviarie e i binari in 37 progetti; i vagoni in 21; il filo spinato in 13; i forni, i crematori e le ciminiere in 12; le baracche in 11. La Stella di David è un riferimento comune in molti progetti. Si contano anche altri simboli ebraici, come la Menorà.
Il progetto Bus stop di Renata Stih e Frieder Schnock, autori dell'installazione sulla Bayerische Platz di cui ho già parlato, propone di lasciare vuota e desolata l'aria destinata al monumento. Verrebbe attraversata solo dai bus che portano ai musei, ai memoriali, ai campi e ai luoghi storici come Wannsee. Di notte i bus sosterebbero sul sito, con la destinazione scritta in lettere luminose.
Nella procedura di selezione, nessun progetto figurativo fu preso in considerazione. La Commissione scelse di premiare due progetti: quello di Christine Jakob-Marks e quello di Simon Ungers.
Il progetto di Christine Jakob-Marks consisteva in una lastra di cemento di metri 100×100, leggermente sopraelevata rispetto al sito, sulla quale sarebbero stati incisi i nomi dei 4,2 milioni di vittime ebree identificate dalla Fondazione del museo-memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme. Su questa lapide sarebbero stati posti diciotto blocchi di pietra di Masada, la fortezza in cui gli Ebrei resistettero ai Romani nell'antichità. Masada rappresenta un simbolo nazionale di resistenza, ma molto controverso poiché rinvia ad un suicidio collettivo.
Il progetto di Simon Ungers insisteva sui nomi dei campi di concentramento (e non su quelli delle vittime come il progetto di Jakob-Marks). Secondo l'artista, questo avrebbe lasciato più aperta la possibilità di identificazione o di rappresentazione. Si trattava di una piattaforma a base quadrata di metri 85×85, vuota al centro e poggiante su zoccoli in cemento. Tutto attorno sarebbero stati incisi i nomi dei 18 campi e sarebbero state integrate delle rotaie. I raggi del sole avrebbero proiettato i nomi dei campi sul suolo, per farvi apparire come un'ombra negativa.
L'attribuzione finale del primo premio a Jakob-Marks, il 28 giugno, suscitò numerose controversie, soprattutto a causa del simbolo di Masada. Il costo di 30 milioni di marchi (circa 15 milioni di euro) fu considerato troppo oneroso. Il Cancelliere Helmut Kohl pose il proprio veto il 1° luglio 1995, considerando l'insieme troppo massiccio, troppo "gigantesco". Numerose furono le reazioni e una dichiarazione in particolare fece scandalo: la sezione berlinese della Junge Union (l'organizzazione giovanile della CDU) dichiarò che la città non aveva bisogno di un ulteriore Juden-Denkmal.
Nel 1997 si svolse una serie di tre incontri per preparare l'apertura di un nuovo concorso.

Altre conferenze del ciclo

Torna all'archivio conferenze