L'idea di amicizia nel mondo cristiano antico

  • Luigi Pizzolato

    Docente di Letteratura cristiana antica - Università Cattolica di Milano

  • da venerdì 26 Ottobre 2001 a venerdì 25 Gennaio 2002 - 17,30
Centro Culturale

Non è azzardato dire che l’amicizia riveste un ruolo cruciale nella concezione antropologica antica […]. A differenza dei nostri giorni, essa non è così avulsa dai rapporti politici da risultare relegata in un privato fatto di soli sentimenti; né tuttavia, per quanto privilegiata essa sia stata nel mondo antico, può considerarsi un fatto esclusivamente razionale, così da essere identificata con i fatti ideologici o con i legami istituzionali […]. Certo è comunque che, a differenza dei nostri giorni, essa non ha delegato alla giustizia il dominio sui rapporti interpersonali civici per attestarsi su quelli di più corto raggio, quasi di tipo consolatorio. Nell’antichità essa era infatti considerata addirittura il fine dello stesso agire politico – e quindi umano […]. Ma quando ai nostri giorni quella distinzione tra regno dei rapporti freddi politici (guidati dalla giustizia) e regno dei rapporti caldi personali (sottoposti all’amicizia) si sclerotizza fino al punto da diventare separazione, possono nascere diversi, ma non meno inquietanti interrogativi, oltre che per il pensiero, per la stessa convivenza civile. È un bene che la città sia istituzionalmente sottratta alla logica dell’amore? L’amore non ha, allora, fecondità politica? Può un fatto politico finale come la pace sociale essere totalmente estraneo alla categoria dell’amore, nonostante che l’amore non possa pretendere di funzionare quale strumento unico di costruzione politica? La concezione antica dell’amicizia, costringendoci a porre queste domande, ci richiama a fare maggiore unità nei rapporti interumani […].
Mondo giudaico e mondo cristiano antico sono accomunati dal dato costitutivo della dottrina della creazione, e quindi dalla concezione della dipendenza ontologica dell’uomo da Dio, che è sconosciuta al mondo classico e destinata a produrre una visione nuova nei rapporti interpersonali. Dalla dottrina della creazione e dell’incarnazione infatti i Cristiani saranno portati a sviluppare e privilegiare il concetto della carità […]. Ma anche l’Antico Testamento e Filone, il massimo rappresentante del Giudaismo ellenistico, collocheranno l’amicizia dentro la sfera di quel rapporto supremo, per loro interpersonale, che intercorre tra la creatura e il creatore, tra l’uomo e Dio […]. La realtà ontologica della dipendenza dell’uomo, di ogni uomo, da Dio consente al pensiero giudaico e cristiano di cogliere la sostanziale uguaglianza di tutti gli uomini tra di loro. Per quanto grandi possano infatti essere le distanze tra un io e un tu umani, esse saranno inconsistenti al confronto dell’infinita distanza che separa l’uomo da Dio, essere assolutamente trascendente. Sicché il principio amicale classico, che risaliva alla prestigiosa tradizione pitagorica, philótes-isótes (amicizia-uguaglianza) […], diventa addirittura un dato ovvio per l’Ebreo e per il Cristiano, perché l’uomo, ogni uomo, è creatura di Dio. Nessun giudizio umano quindi può prevalere su questo dato naturale e su questa uguaglianza sostanziale, che aprono all’amicizia spazi vasti quanto l’umanità intera.
(da L. Pizzolato, L’idea di amicizia nel mondo antico classico e cristiano, Torino 1993, pp. VII-VIII; 216-219)

Riferimenti Bibliografici


- Agostino, Confessioni, Milano 1990.*
- Ambrogio, Opere, Torino 1969.*
- Clemente Alessandrino, Stromati, Torino 1985.*
- Gregorio Magno, Omilie sui Vangeli, Torino 1968.*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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