Nuovi mondi

I processi di mondializzazione nell’epoca delle scoperte geografiche

  • Sabina Pavone

    Professoressa di Storia moderna - Università di Macerata

  • venerdì 08 Novembre 2019 - ore 17.30
Centro Culturale

Video integrale

L’aumento della popolazione dopo la crisi del Trecento pose il problema di reperire più risorse, incrementando gli scambi commerciali che sul lungo raggio avvenivano soprattutto con l’Oriente. Tuttavia la presa di Costantinopoli da parte degli ottomani (1453) aveva costretto gli europei a fare i conti con il fatto che il Mediterraneo era ormai in buona parte in mano musulmana e questo rischiava di compromettere il fiorente commercio delle spezie. Da secoli, infatti, le carovane che provenivano dall’Oriente si dirigevano verso Costantinopoli, Alessandria e Smirne, e lì trovavano nei veneziani (ma anche nei genovesi) dei sicuri acquirenti. Veneziani e genovesi spesso scambiavano i tessuti prodotti in Europa con le spezie commerciate dai carovanieri per poi rivenderle sui mercati europei. A mano a mano che i porti strategici del Mediterraneo cadevano in mano turca, però, gli italiani ebbero sempre più difficoltà a rifornire le piazze europee. Nel Cinquecento, di questo declino si avvantaggiarono i portoghesi, i quali s’impadronirono progressivamente del mercato delle spezie. È opportuno ricordare che per gli europei il miraggio delle Indie non era dovuto solo a motivi commerciali, ma anche a cause di più ampio respiro. Nel basso medioevo avevano cominciato a circolare diverse leggende legate a queste terre lontane che si favoleggiava fossero ricche di oro e pietre preziose. L’insieme di queste suggestioni contribuì, sul finire del Quattrocento, a rafforzare il “desiderio delle Indie”, cioè l’aspirazione a raggiungere quei territori considerati “favolosi”. Le conoscenze su quei luoghi erano tanto nebulose che si usava per indicarli il sostantivo plurale Indie, termine che per secoli avrebbe indicato tutti i territori scoperti fra XV e XVI secolo, ovunque si trovassero nel globo.

Nel Trecento molti commerci si svolgevano ancora via terra: non a caso la fiera più importante era quella di Lione. Tuttavia, a partire dalla fine del Quattrocento si verificò un mutamento radicale: la navigazione assunse un ruolo preponderante per gli scambi commerciali. Non più visti come barriere naturali, i mari facilitarono gli scambi e la conoscenza fra mondi diversi. Per fare solo un esempio, fino al 1498, al viaggio cioè dell’esploratore portoghese Vasco da Gama, in Europa si sapeva dell’esistenza della città di Calicut in India, ma non vi era mai stato alcun contatto con i suoi abitanti. L’apertura di nuove rotte marittime fu pertanto dettata in primo luogo dalla necessità di trovare vie commerciali meno contorte e pericolose. Le antiche vie carovaniere presentavano, infatti, alcuni problemi difficilmente superabili: la frammentazione del processo commerciale dovuto alla staffetta fra carovane differenti lungo l’intero percorso; l’incertezza sull’arrivo delle merci, legata anche all’instabilità politica dei territori attraversati; la presenza musulmana lungo parte delle vie carovaniere e nei porti di sbocco. I commerci navali presentavano invece un vantaggio schiacciante: l’eliminazione degli intermediari, in modo da mantenere integri i profitti, e ciò bastava a mettere in secondo piano l’indubbia lentezza delle comunicazioni e il pericolo che le navi venissero assalite dai pirati o facessero naufragio. Non si devono poi trascurare i motivi religiosi e lo spirito di avventura che spinsero gli europei verso il mare: la ricerca di nuove vie marittime fu, per certi versi, anche la continuazione delle imprese religiose e delle crociate medievali. Dall’altra parte, il gusto per l’avventura e la curiosità per l’ignoto furono caratteristici dello spirito europeo dell’epoca, alimentato anche dall’interesse per i resoconti di viaggio, che di lì a poco diventeranno un genere letterario molto in voga.

 

(da S. Pavone et alii, Processo storico, vol. I, Dall’anno Mille al Seicento, Torino, Loescher, 2017, pp. 316-317)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

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