Chiesa, pace e guerra nel Novecento. Verso una delegittimazione religiosa dei conflitti


Il volume di Menozzi segue con acume il travaglio dottrinale ed etico che ha accompagnato la riflessione della Chiesa nei confronti della guerra e della pace durante il secolo da poco concluso. La ricerca mette in evidenza da un lato gli orientamenti proposti dal Papato alla Chiesa universale e dall’altro la cultura cattolica che si è sviluppata seguendo percorsi talvolta anche di forte autonomia.
Definendo la Grande Guerra «inutile strage», Benedetto XV auspicava che il Papato tornasse ad assumere il ruolo di arbitro universale che gli veniva riconosciuto nei secoli precedenti, posizione poi mantenuta da Pio XI. Gli anni ‘20 videro il Papato da un lato slittare verso una rivalutazione della Società delle Nazioni – vista come un possibile argine nei confronti delle tendenze belliciste del nazionalismo – e dall’altro porsi la questione della difficile legittimazione religiosa delle guerre moderne, come nel caso della guerra civile spagnola (soprattutto essendo in campo l’ideologia comunista). Con Pio XII ritornò quindi il tema della guerra come castigo inflitto da Dio: soltanto il ritorno al supremo potere del Papato sulla vita collettiva poteva garantire il raggiungimento della pace. L’irrompere degli armamenti nucleari costrinse una parte del mondo cattolico a un ripensamento della guerra giusta, senza però arrivare ad estreme conseguenze: la cautela era dovuta alla difficoltà di conciliare il principio della legittima difesa con la valutazione dell’immoralità degli strumenti di distruzione di massa. Il magistero di Giovanni XXIII si caratterizzò per l’appello a superare ogni ostacolo per realizzare l’eliminazione della minaccia nucleare, senza porre la costruzione di una società cristiana come la via per la sua piena attuazione, ma rivolgendosi alla coscienza di ogni uomo, indipendentemente dalle convinzioni politiche (come si evince dall’enciclica Pacem in terris, rivolta appunto a «tutti gli uomini di buona volontà»). Il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, che non esclude la guerra giusta – collegata ad interventi umanitari da parte di organismi internazionali preposti alla tutela della pace – , si caratterizza per la convinzione che la Chiesa possa indicare i princìpi morali, senza i quali viene a cadere la possibilità di individuare oggettivamente i reali diritti dell’uomo. La vera novità del suo pensiero, conclude Menozzi,  risiede invece nel ripudio della guerra santa: sottrarre ogni possibile avallo religioso alla violenza bellica costituisce un apporto importante alla costruzione di relazioni pacifiche tra gli uomini.

Dati aggiuntivi

Autore
  • Daniele Menozzi

    Professore di Storia contemporanea - Scuola Normale di Superiore di Pisa

Anno pubblicazione 2008
Recensito da
Anno recensione 2008
ISBN 9788815121851
Comune Bologna
Pagine 330
Editore