L’anima in conflitto

“Platone tragico” tra Euripide, Socrate e Aristotele


Il libro ricostruisce la vicenda di un tratto della riflessione morale greca che si origina da due celebri versi della Medea di Euripide dove, attraverso esplicite dichiarazione di tono anti-intellettualistico, è rappresentata per la prima volta la lotta intima e la sua consapevolezza. Regressiva appare, rispetto a questa prospettiva, l’immagine del filosofo sempre sereno, lontano dal mondo e dalla pluralità delle pulsioni, che emerge nel Gorgia e nel Fedone di Platone, soprattutto attraverso la riattivazione della polarità ragione-desiderio e un’idea di psiche intesa come attività razionale di natura divina che non commette volontariamente il male morale, né conosce interne scissioni. In quest’ottica, solo il quarto libro della Repubblica costituisce il momento di svolta della psicologia di Platone, attraverso il trasferimento del desiderio dal corpo all’anima e la riabilitazione della componente irrazionale, da infezione estranea da esorcizzare ad energia pura, forza ascensionale dell’eros. Solo adesso le soluzioni platoniche riscattano gli elementi passionali dalla semplificazione socratica per mezzo della tripartizione psichica e un modello di anima non più monolitica ma articolata, la cui armonia è la risultante del giusto dialogo tra le parti, di una nuova politica delle alleanze che, sempre in tensione, fornisce significative concessioni al modello tragico. E’ l’idea che una psiche complessa e giusta non possa prescindere dalla propria dimensione irrazionale ma riconosca nel desiderio l’unica fonte di energia disponibile, indispensabile quanto pericolosa, se non educata al limite, che svela la tragicità del pensiero platonico. Il recupero sistematico delle emozioni da parte di Aristotele, la riscoperta della tragedia e gli studi sull’errore e la debolezza della volontà, permettono di rintracciare dentro l’ultimo Platone la positività dei conflitti sotto il segno della vitalità e dell’energia psichica. Contrariamente alle letture diffuse di Platone che ne fanno un pensatore antitragico, l’immagine a cui approda il volume è quella di un universo platonico post-socratico non pacificato, che si accosta alla più tarda concezione aristotelica dell’akrasia e rende pensabile la costruzione della soggettività morale solo come processo sempre a rischio di degenerazione. Il libro lascia intravedere una nuova tensione nella filosofia di Platone che, riproponendo il necessario percorso a ritroso del filosofo uomo dal sole della verità nella caverna dei desideri, ci riconsegna l’immagine “tragica” di una razionalità elastica e giusta nel continuo e pericoloso confronto con le altre forze che abitano l’anima.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2002
Recensito da
  • Carlo Altini

    Professore di Storia della filosofia - Università di Modena e Reggio Emilia

Anno recensione 2003
Comune Bologna
Pagine 271
Editore