Le logiche del delirio

Ragione, affetti, follia


Attraverso un lucido ed originale confronto con l’eredità freudiana e con i risultati più maturi della psichiatria novecentesca, Remo Bodei analizza e descrive le diverse logiche che sottendono le forme paradossali del delirio, trasformandolo, pur senza idealizzarlo, in uno straordinario banco di prova per le nostre principali categorie metafisiche, quali “ragione”, “verità”, “realtà”. Al posto della tradizionale incompatibilità tra delirio e logica, che ha senso solo dal punto di una razionalità ristretta, difensiva ed autoreferenziale, Bodei propone una “ragione ospitale ed espansiva”, in grado di com-prendere il delirio. Dinanzi al delirio la ragione “pigra” e “pavida” impara così a riconoscersi come una famiglia di procedure che rinviano ad un ceppo comune: la domanda che viene tacitamente posta è non tanto perché si delira, ma perché, per lo più, si continui a ragionare in modo normale.
Il delirio è un “gioco di sostituzione” che non si afferma senza un dolore inizialmente più orrendo del delirio stesso, un progetto di “fondazione dell’infondabile”, un tentativo di appaesamento in un mondo estraneo. E’ per mettersi al riparo dalla sofferenza che il delirante rompe il patto che impegna tutti all’osservanza della realtà: incoerente e assurdo solo nei confronti del mondo condiviso, ma fin troppo coerente e ragionevole nell’ottica del mondo “rimpiazzato”, il delirante mostra così di preferire la “falsa coerenza” all’incoerenza e alla mancanza di senso. Il delirio non è allora semplice falsità, assenza di ragione o errore di giudizio, ma verità ipercompensata. L’evidenza e la coerenza eccessiva hanno nel delirio la funzione di nascondere più che rivelare una verità che non si è in grado di sopportare. Non è inoltre soltanto la ragione ad essere colpita nel delirante, ma l’intero campo logico e affettivo. Se il delirio è perturbante è proprio perché minaccia continuamente il mondo di ognuno nella sua presunta ovvietà e pone di fronte a pensieri e affetti abissali. La soluzione allora non sarà quella di colonizzare il delirio, sovrapponendogli una razionalità estranea; occorre piuttosto lasciarlo parlare il più possibile nella propria lingua, individuare una “razionalità a base più larga”, che anziché persuadere il malato dell’assurdità del suo delirio, lo inviti a trasformare la guerra civile dell’anima in politica, in procedure di negoziazione con se stesso, rivendicando comunque le ragioni che lo hanno spinto in collisione con un mondo che non è come dovrebbe essere.

Dati aggiuntivi

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Anno pubblicazione 2000
Recensito da
Anno recensione 2000
Comune Roma-Bari
Pagine 144
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