L'eresia del Libro Grande


Attraverso l’analisi delle esili tracce documentarie giunte fino a noi, Adriano Prosperi ricostruisce la storia esemplare di un monaco benedettino eresiarca: Giorgio Rioli, detto Siculo, morto impiccato a Ferrara nel 1551. Nato con molta probabilità nel 1517, Giorgio Siculo fece la solenne professione nel 1534 nel monastero benedettino di S. Nicolò l’arena, alle pendici dell’Etna. È nello stesso monastero che ritroviamo dal 1537 al 1543 don Benedetto Fontantini da Mantova, confratello e amico di Siculo, autore del trattatello Del Beneficio di Giesù Cristo crocifisso su cui Adriano Prosperi insieme a Carlo Ginzburg aveva concentrato la sua attenzione qualche decennio fa in Giochi di pazienza. Ma, mentre il Beneficio fu fortunosamente ritrovato nell’Ottocento in una biblioteca inglese, l’opera fondamentale di Giorgio Siculo, il cosiddetto Libro Grande, è andato forse perduto irreparabilmente. Sono rimaste invece l’Epistola di Georgio Siculo alli cittadini di Riva di Trento contra el mendatiodi Francesco Spiera et falsa dottrina dei protestanti e la Espositione di Georgio Siculo servo fedele di Iesù Christo nel nono, decimo et undecimo capo della epistola di San Paolo alli Romani da cui si evincono in parte i tratti fondamentali delle sue idee, considerate dai teologi scolastici a lui contemporanei prive di fondamento teologico. Il Siculo non avrebbe letto S. Agostino e quindi non avrebbe potuto essere considerato un teologo, ma i problemi che poneva il suo testo maggiore infastidirono notevolmente sia la chiesa cattolica che quella protestante (fu attaccato ripetutamente da Calvino). Giorgio Siculo e i suoi seguaci, che conservarono la fede nella sua dottrina e la speranza in un nuovo messia fino al 1570, ampiamente dopo la sua morte, erano eretici in senso pelagiano, non accettavano il battesimo, l’eucarestia, i sacramenti in genere.
Adriano Prosperi, grazie alla sapiente ricostruzione dell’appassionante vicenda di Giorgio Siculo, ci obbliga a seguirlo nella sua riscrittura della storia della Riforma e Controriforma, ci mostra i fatti da un’altra prospettiva, aggiunge alla storia conosciuta personaggi sconosciuti, ma non per questo di secondaria importanza. Ci ricorda infine che “la regola del punto di vista prospettico intuita da Tolstoj è ancora operante” e che la cancellazione della memoria, nonostante l’accanimento del tempo e di tutte le chiese, grazie ad uno strano legame che ha legato il ricercatore con l’essere umano del passato, questa volta almeno, non si è verificata.

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 2000
Recensito da
Anno recensione 2002
Comune Milano
Pagine 490
Editore