Non si tratta della paura di fronte al pericolo immediato, ma di ciò che, dopo Kierkegaard, si è definita come angoscia e timore, ovvero della possibilità di ciascun uomo di non essere più tale, di non essere più sé stesso, di perdersi. Nella storia della filosofia tale definizione ha virato sempre più verso la psicopatologia, mettendosi alla prova nel tentativo di comprendere la follia. Tuttavia, la risposta al pericolo esistenziale non è solamente individuale. Roberto Escobar ricostruisce il percorso attraverso il quale le identità individuale e comunitaria sono venute definendosi in risposta alla paura nella costituzione di istituzioni e riti che, in quanto principi d’ordine e di sintesi dell’esperienza, fossero in grado di garantire la costanza e la durata di una medesima interpretazione simbolica – donazione di senso – del reale. Ciò a partire dalla definizione di un confine e di un limite, di un interno e di un esterno che costituisce il sé e l’altro, accomuna chi è all’interno delle mura, e riversa sullo straniero ogni male e ogni colpa. L’esistenza di un colpevole, infatti, “è fuor di dubbio poiché è fuor di dubbio che una colpa sia stata commessa. Da dove verrebbero altrimenti l’angoscia, l’insicurezza, la complessità indesiderabile del mondo?” (p. 33). Allo stesso tempo il confine – “la linea su cui la paura si trasforma in ordine” (p. 203) – è uno specchio che dell’altro ci riflette innanzitutto un’immagine che lo rivela simile a noi. Non è dunque della totale estraneità che esso diviene colpevole, ma delle piccole differenze, di ciò che distinguendolo solo leggermente dal noi dinamizza la comunità di cui non può più non essere parte e ne impedisce quella staticità che sola pare garantirla da ogni pericolo. In tal senso non è più necessario nemmeno il suo essere esterno. Dunque, è all’interno della comunità stessa che si delinea la figura del piccolo traditore, versione riveduta del potere destabilizzante del meteco. E su di esso, infine, ricade il prezzo della paura, “un prezzo che non si paga ma che viene fatto pagare” (p. 204). E’ così smascherato l’oblio sotto il quale ciascuna formazione istituzionale e rituale nasconde la propria natura simbolica, oblio che solo consente un’adesione tacita a un ordine dato per evidente, e che viene riconosciuto solo alle comunità lontane nello spazio o nel tempo. Docente di Dottrina dello stato all’Università di Bologna, Roberto Escobar ha pubblicato, tra gli altri, Nietzsche e la filosofia politica del XIX secolo (Il Formichiere, 1978); Nietzsche e il tragico (Il Formichiere, 1980); Nel cerchio magico (Angeli, 1986); Ironia e paura del quotidiano (Unicopli, 1989); Il cinema del Fronte popolare. Francia 1934-1937 (con V. Giacci, Bulzoni, 1990).