La complessità del progresso

Riflessioni epistemologiche sull'ambivalenza della modernità

  • Mauro Ceruti

    Professore di Epistemologia della globalizzazione - Università IULM di Milano

  • venerdì 03 Ottobre 2014 - 17.30
Centro Culturale

Audio integrale

Video integrale

Una maggiore attenzione alla reale complessità dell’ecologia delle idee all’interno della quale si costruisce ogni tradizione, nonché molte linee di sviluppo del pensiero scientifico e filosofico, e della creazione artistica, del nostro secolo, consentono la decostruzione di un’immagine necessitante e monolitica della tradizione moderna. Di questa tradizione affiorano – mentre si evidenzia che la loro connessione non è inevitabile – i problemi originari e sempre aperti, le strategie adottate per farvi fronte, le opzioni epistemologiche che hanno guidato tali strategie, la vanificazione di molte di queste opzioni e la possibilità di nuove scelte e di nuove strategie che provocano la costituzione di nuovi universi di discorso e di nuovi problemi (e la ridefinizione, in questo ambito, dei problemi “classici”). I lettori della storia della tradizione moderna hanno individuato nell’idea di progresso una delle sue idee cardine, una vera e propria “scoperta” che caratterizzerebbe unitariamente questa storia. Perciò, come accade, sono stati molto attenti a ricercare gli antecedenti e le radici di questa idea nella civiltà dell’occidente medioevale. Uno dei loci più significativi è costituito dalla famosa immagine che Giovanni di Salisbury attribuisce a Bernardo di Chartres, cancelliere della cattedrale di Chartres dal 1119 al 1126: “Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti” (Metalogicon, III, IV). Al di là di interpretazioni talvolta contrastanti, Krzysztof Pomian rileva come l’immagine di Bernardo di Chartres sia contraddistinta da una sostanziale ambivalenza: «Due tendenze agiscono simultaneamente ma in senso contrario. Da una parte, noi, gli uomini che vivono ora, non siamo che nani se ci paragoniamo a coloro che vivevano nel passato. Ciò vuol dire che una tendenza a decrescere è in atto, che siamo in un’epoca d’invecchiamento del mondo, e che, di conseguenza, siamo condannati a dipendere dai nostri predecessori. D’altra parte, vediamo di più e più lontano, il che significa che siamo superiori rispetto al passato. Ma il merito non è nostro, poiché il progresso delle nostre conoscenze è dovuto solo al fatto che siamo portati da tutto un passato, da tutti coloro che, avendoci preceduto, ci hanno lasciato ciò che avevano acquisito permettendoci così di profittarne e di aggiungervi i nostri contributi, per quanto modesti siano. Si ritrova qui, trasposta nel dominio del sapere, l’idea di un carattere ambivalente del tempo che, pur essendo un fattore distruttivo, rende nondimeno possibile un’accumulazione continua delle conoscenze e fornisce quindi esso stesso un rimedio al male di cui è causa». Nell’universo medioevale, profondamente dominato dall’idea ciclica del tempo e dagli isomorfismi fra regioni diverse di questo tempo, il gioco delle spinte e delle contro-spinte fra queste due tendenze viene a delineare una sorta di equilibrio che fonda l’idea di una conservazione del sapere. L’insieme delle tendenze e delle idee che verranno a costituire la tradizione moderna si costituì proprio attraverso la rottura di questo equilibrio, nello slittamento dall’idea di conservazione del sapere all’idea di un suo progressivo ampliamento tramite accumulazione. (…) La tradizione moderna costituisce una messa in discussione della necessità e della naturalità del “limite”. Con le idee di progresso e di futuro, inventa l’idea di sistema aperto. Non necessariamente il gioco è a somma nulla. Non necessariamente un guadagno corrisponde a una perdita. Da questo punto di vista la rottura dei limiti spazio-temporali del cosmo medioevale, le grandi scoperte geografiche, l’accresciuta mobilità sociale, la creazione del libero mercato, l’invenzione di una scienza basata sull’osservazione e sull’esperimento sono tutti processi essenziali della modernità che convergono nel produrre quella che possiamo definire una progressiva desacralizzazione della civiltà occidentale.

 

(da M. Ceruti, Il vincolo e la possibilità, Milano, Feltrinelli, 2000, pp. 32-34, 38)*

 

Le conferenze del ciclo Progresso saranno trasmesse in diretta web sul sito http://cc.fondazionesancarlo.it//

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.

Altre conferenze del ciclo

Torna all'archivio conferenze