La tradizione costituzionalistica europea

  • Maurizio Fioravanti

    Professore di Storia del diritto medievale e moderno - Università di Firenze

  • martedì 23 Febbraio 2010 - 17.30
Centro Studi Religiosi

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I regimi politici europei della seconda metà del nostro secolo intendevano essere democrazie costituzionali, ovvero democrazie dotate di una precisa identità perché dotate di una costituzione in cui si trovano espressi i principi fondamentali caratterizzanti lo stesso regime politico. La legalità che queste democrazie esprimono, che è quella costituzionale, non consente più un sovvertimento integrale della Costituzione in nome del potere costituente del popolo sovrano, come nel modello radicale di ascendenza rousseauviana, ma neppure una negoziazione incessante, senza fine e senza direzione compiuta, tra le forze sociali e politiche, da considerarsi legittima solo perché assunta secondo le regole parlamentari del pluralismo sociale e politico, come nel modello kelseniano.
La legalità costituzionale di cui parliamo è dunque finalmente emancipata dal dominio del sovrano potere costituente, ma non per questo rinuncia a dotare di significato e di grandi obiettivi di fondo la concreta vita delle democrazie contemporanee. Quella legalità oppone quindi al mito democratico rivoluzionario del potere costituente i valori della stabilità, dell’equilibrio, del limite a fini di garanzia degli stessi diritti dei cittadini, ma non per questo perde del tutto il suo carattere d’indirizzo fondamentale per il futuro, e non per questo si riduce a una mera opera di registrazione dell’esito del libero svolgersi della negoziazione tra le forze politiche e tra gli interessi sociali. Non per caso, queste stesse Costituzioni democratiche, seppure in varia forma e misura, assumono il principio di uguaglianza come centrale non solo in chiave di divieto di discriminazione tra coloro che le stesse Costituzioni considerano uguali, ma anche come indicatore normativo di direzione per il futuro, per la promozione e la realizzazione di condizioni di crescente uguaglianza tra i cittadini nell’accesso ad alcuni beni sociali ritenuti di primaria rilevanza, come il lavoro o l’istruzione. Infine, su un piano storico ancora più ampio, queste medesime Costituzioni rappresentano il tentativo di ricomporre la grande frattura tra democrazia e costituzionalismo (…).
Nella formula contemporanea della democrazia costituzionale sembra essere contenuta l’aspirazione a un giusto equilibrio tra il principio democratico, valorizzato in costituzione attraverso gli istituti della democrazia politica, e lo stesso ruolo del legislatore e del governo, e l’idea, insita in tutta la tradizione costituzionalistica, dei limiti della politica, da fissare mediante la forza normativa della costituzione, e in particolare attraverso il controllo di costituzionalità, sempre più determinante nell’ambito delle democrazie odierne.
Questo medesimo equilibrio, proprio perché raggiunto in tempi recentissimi, e perché tutto sommato privo di una tradizione di lungo periodo cui riferirsi, è tuttavia fatalmente instabile, e sottoposto a tensioni di vario genere. La prima tra queste riguarda il rapporto tra i soggetti protagonisti di questo equilibrio: i soggetti della politica democratica, i parlamenti, i governi e i partiti, da una parte, e i soggetti della garanzia giurisdizionale dall’altra parte, i giudici, e in particolare le Corti costituzionali. Il mantenimento e il progressivo consolidamento dell’equilibrio presuppone che gli uni non avvertano la tentazione d’invadere il campo degli altri, e viceversa. Non sempre è così nella concreta vita delle nostre democrazie costituzionali, entro cui è ancora ricorrente l’insofferenza della politica nei confronti dei vincoli e dei limiti di ordine costituzionale, ma è anche d’altra parte diffusa, spesso a causa delle mancanze e delle inadempienze della stessa politica, la tendenza a estendere in modo considerevole il ruolo dei giudici, e in particolare del controllo di costituzionalità.
Dal nostro punto di vista, è sufficiente sapere che le Costituzioni che abbiamo presuppongono quel certo tipo di equilibrio, che le caratterizza sul piano storico come forme specifiche e definite di costituzione, diverse dalle Costituzioni rivoluzionarie fondate sul potere costituente del popolo sovrano, ma anche dalle Costituzioni statali e parlamentari del secolo scorso. Se quell’equilibrio si dovesse rompere, con esso cadrebbe anche il tipo storico di costituzione che si è affermato nella seconda metà del nostro secolo. Il nuovo secolo andrebbe allora alla ricerca di una nuova forma costituzionale, come molte altre volte è accaduto nel corso della storia.

(da M. Fioravanti, Costituzione, Bologna, il Mulino, 1999, pp. 159-162)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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