Cura della persona

Le trasformazioni della sanità in Europa

  • Franca Maino

    Professoressa di Sistemi politici e amministrativi - Università di Milano

  • mercoledì 01 Aprile 2009 - 17.30
Centro Culturale

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Le attività connesse alla cura delle malattie sono antiche quanto l’uomo ma la loro differenziazione rispetto ad altri campi della vita sociale è un fenomeno decisamente recente. È solo a partire dal XIX secolo che si può parlare di una autonoma sfera istituzionale che ha assunto il nome di «sanità». Lo Stato è intervenuto con sempre maggiore consistenza nella regolazione dei comportamenti individuali e collettivi e poi nell’erogazione diretta di prestazioni e servizi sanitari, affiancandosi e in parte sostituendosi in entrambi i compiti alla Chiesa, agli istituti privati di beneficenza e alla famiglia, e dando così vita a un processo di istituzionalizzazione della sanità.
La prima tappa dell’istituzionalizzazione della sanità coincide con la sperimentazione di forme di mutualismo sanitario tramite l’istituzione, a opera di movimenti politico-religiosi, di appositi fondi assicurativi a iscrizione volontaria. Al mutualismo sanitario fa seguito l’introduzione dell’assicurazione pubblica e obbligatoria contro le malattie. L’assicurazione obbligatoria si distingue dalle tradizionali istituzioni di beneficenza pubblica, privata e religiosa per il fatto di offrire prestazioni in forma imparziale e semiautomatica, secondo procedure e modalità organizzative altamente specializzate su base nazionale e non più locale e lungo demarcazioni occupazionali. Essa crea un nuovo diritto sociale all’assistenza in caso di malattia e presuppone, come contropartita, un dovere di contribuzione da parte del potenziale beneficiario. Il primo paese in cui è stata introdotta, nel 1883, l’assicurazione di malattia è stata la Germania, seguita nel 1888 dall’Austria. Si tratta degli unici due paesi che hanno introdotto un’assicurazione obbligatoria contro i rischi di malattia prima della fine del XIX secolo, mentre la maggior parte degli altri paesi ha raggiunto questo traguardo con un ritardo più che ventennale: la Norvegia nel 1909, la Gran Bretagna nel 1911, e poi a seguire gli altri Stati, tra cui si distinguono la Svizzera, in cui l’obbligo assicurativo è diventato legge federale solo nel 1994, e gli Stati Uniti, classico caso deviante data l’assenza di una assicurazione obbligatoria di malattia.
Con l’introduzione dell’obbligo assicurativo anche in campo sanitario e la costituzione di programmi di assicurazione sociale contro i rischi di malattia, il settore sanitario sperimenta in tutti i principali paesi europei una fase di crescita, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, che contribuisce a rafforzare il peso istituzionale della sanità. Questo comporta una progressiva estensione della copertura, ossia del numero e delle categorie di beneficiari, e dell’offerta di prestazioni e servizi da parte dello Stato. In particolare a partire dagli anni sessanta vi è una vera e propria impennata dell’espansione della sanità. Negli ultimi trent’anni in molti paesi la spesa sanitaria totale rispetto al PIL è più che raddoppiata. Gli Stati Uniti sono il paese in cui la spesa sanitaria è cresciuta maggiormente, assorbendo nel 1997 il 13,9% del PIL. Parallelamente è aumentata anche la quota di spesa pubblica sul totale della spesa sanitaria, a testimonianza del crescente intervento statale in questo settore. Fino gli anni ottanta una delle ragioni principali dell’aumento della componente pubblica della spesa sanitaria è dovuta al fatto che la copertura sanitaria pubblica è stata progressivamente estesa a tutta la popolazione. Una volta che la stragrande maggioranza della popolazione ha acquisito il diritto all’assistenza sanitaria, la spesa pubblica ha conosciuto un aumento in genere più contenuto. In particolare tra il 1992 e il 1997 la crescita della spesa sanitaria totale e di quella pubblica ha registrato una battuta d’arresto, sulla scia delle misure di contenimento adottate in tutti i paesi.
Oltre che per la crescita della spesa sanitaria, il dopoguerra si caratterizza per l’introduzione di un nuovo modello di organizzazione sanitaria: il sistema sanitario nazionale. Il primo paese a procedere in questa direzione è la Nuova Zelanda, che nel 1938 introduce il servizio sanitario nazionale. Tuttavia, l’idea di un sistema sanitario nazionale è associata alla figura di Lord Beveridge, principale artefice del piano che prenderà il suo nome e della creazione, nel 1946, del National Health Service britannico. La Gran Bretagna è il paese pioniere fra quelli che tra il dopoguerra e gli anni ottanta hanno introdotto un sistema sanitario di tipo universalistico. A seguire la strada britannica sono stati prima i paesi scandinavi e, dagli anni settanta, i paesi del Sud Europa. L’Italia, tradizionalmente caratterizzata da un sistema occupazionale e frammentato di welfare, è stato il primo paese sud-europeo a imboccare la strada dell’universalismo in campo sanitario, seguita dalla Spagna nel 1986.
La creazione dei servizi sanitari nazionali ha rappresentato un nuovo significativo punto di svolta nel processo di istituzionalizzazione della sanità senza per questo implicare uno stadio evolutivo «superiore» e obbligato rispetto ai sistemi sanitari mutualistici. Nel panorama internazionale, infatti, continuano a coesistere entrambi i modelli sanitari, quello di tipo assicurativo e quello nazionale. Ed in generale la compresenza di pubblico, privato e «sociale» continua a costituire un’importante dimensione di variazione fra i sistemi sanitari dei paesi occidentali, come mostrano il grado elevato di pubblicizzazione della sanità dei paesi scandinavi, il peso del settore privato nella sanità americana e il ruolo delle associazioni mutualistiche non pubbliche o semipubbliche nella sanità olandese o svizzera.

(da F. Maino, La politica sanitaria, Bologna, il Mulino, 2001, pp. 17-22)

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