La felicità nell'epoca dei piaceri incerti

Festival Filosofia

Per gran parte della storia, la felicità non è stata lo scopo precipuo della vita. Ciascuno tendeva piuttosto alla semplice sopravvivenza, al riparo dalle sofferenze provocate dalla natura e dagli uomini. La felicità era lo scopo o il premio di una vita che solo pochi potevano condurre, e che – tra di essi – solo alcuni sceglievano di condurre. È solo recentemente, con la Dichiarazione d’Indipendenza della Virginia (1776), che la felicità da distinzione “elitaria”, bene allocato con parsimonia tra i giusti, è divenuta diritto universale degli individui. Tale trasformazione rappresenta un vero e proprio spartiacque nella storia della felicità. Invece di essere una ricompensa della virtù o delle buone opere, risultato di un duro lavoro e sacrificio, coronamento di una vita di pietà e autoimmolazione (o, alternativamente, dono immeritato della grazia divina oppure frutto di fortuna), la felicità divenne una condizione che ogni essere umano, nessuno escluso, poteva richiedere. Ma il progresso scientifico e politico non ha potuto rispondere a questa richiesta se non garantendo il raggiungimento della felicità in un futuro, più o meno prossimo, comunque incerto. Ciò ha comportato che, per ironia, la felicità ha finito per essere associata all’emancipazione, a causa dell’incertezza provocata dalla sua stessa ricerca. E di fronte all’incertezza di un investimento così importante come quello richiesto dalla felicità attraverso il differimento del godimento, l’età contemporanea – ha sottolineato Zygmunt Bauman – ha risposto con il consumismo. Il consumismo non riguarda la raccolta e l’accumulo, il possesso di beni che garantiscano la felicità. Esso riguarda, nella sua essenza, la raccolta di sensazioni, non necessariamente piacevoli o quantomeno non necessariamente piacevoli in sé. È l’avere sensazioni, e ancor più lo sperare in nuove sensazioni, che tende a venire vissuto come piacere, e il godimento di questo piacere immediato, reiterabile ed effimero, si è sostituito all’impegno che la costruzione di una vita felice comporta.

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