• Rinunciare al mondo

    Forme di ascesi e di perfezionamento spirituale nelle tradizioni religiose

La preghiera continua

Il monachesimo esicasta tardo-bizantino

  • Antonio Rigo

    Professore di Civiltà Bizantina - Università Ca’ Foscari di Venezia

  • venerdì 16 Febbraio 2024 - ore 17.30
Centro Studi Religiosi

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La seconda e ultima epoca della mistica bizantina si apre, negli stessi anni in cui Melezio il Galesiota scriveva i suoi versi, con la comparsa di due opuscoli che, da un lato, recepivano e applicavano le indicazioni di Esichio di Batos sulla sobrietà e l’orazione e, dall’altro, presentavano un elemento nuovo e originale, una tecnica psicofisica da utilizzare per la preghiera.

Il primo di questi opuscoli è il famoso Metodo della santa preghiera e attenzione tradizionalmente attribuito a Simeone il Nuovo Teologo, ma in realtà redatto verso la metà del XIII secolo da un autore non ancora identificato. Questo testo è diviso in tre parti, consacrate ciascuna ad un tipo di preghiera. Dopo aver tratteggiato le caratteristiche dell’orazione “immaginativa” e di quella basata sulla contraddizione e averne mostrato l’inutilità, o meglio la pericolosità, l’anonimo inizia a parlare del terzo tipo di orazione, «cosa strana e difficile da spiegare, non solo difficile da comprendere, ma anche quasi incredibile per coloro che non la conoscono: attività che non si ritrova in molti».

La pratica della preghiera presuppone la completa assenza di preoccupazioni, una coscienza pura, la libertà da ogni passione e una totale sottomissione al padre spirituale. Seguono le indicazioni specifiche sulla tecnica, nelle quali possiamo riconoscere senza difficoltà una posizione corporea, una disciplina respiratoria e la visualizzazione interiore. Lo stare seduti e una particolare postura del capo favoriscono la concentrazione dello sguardo sull’ombelico, alla quale segue un processo di interiorizzazione, segnato da una sorta di vista interna che permette di «esplorare» nell’oscurità delle viscere, alla ricerca della luce del luogo del cuore. La dinamica è chiara: la mente deve discendere nella buia regione ombelicale e di lì risalire nel luminoso luogo del cuore. Questa discesa nella regione più esposta alle suggestioni diaboliche, perché sede degli appetiti più materiali, prelude a una specie di trasmutazione di tali impulsi, alla riconversione delle potenze psichiche (suddivise secondo la tripartizione d’origine platonica). Secondo l’anonimo, la tenebra iniziale sarà seguita, allorché la mente trova il posto del cuore, da «una felicità infinita» e da una sfolgorante luminosità. Solo a questo punto, quando la mente è nel cuore, il Metodo parla della preghiera di Gesù, quale arma contro i demoni e contro i pensieri da loro inspirati e quale mezzo per manifestare la presenza di Gesù nel cuore.

Il secondo opuscolo sulla tecnica psicofisica d’orazione, il Trattato colmo di utilità sulla custodia del cuore è stato scritto sul Monte Athos dal monaco Niceforo, uno degli “eroi”, assieme a Melezio il Galesiota, dell’opposizione monastica all’unione con Roma siglata al II Concilio di Lione (1274).

Il trattato è articolato in tre parti: prologo, florilegio patristico, esposizione della tecnica di preghiera.

L’ultima sezione dell’opuscolo inizia con parole molte significative nelle quali l’interscambiabilità dei termini e delle nozioni, caratteristico di Esichio di Batos, è riaffermata nell’esaltazione estrema dell’«attenzione» e della «sobrietà», portando così a conclusione un processo che aveva ricondotto alla «sobrietà» l’intero itinerario ascetico-spirituale.

Dopo aver ricordato alcuni requisiti indispensabili per la pratica (sottomissione al padre spirituale, assenza di preoccupazioni) e aver fatto una breve digressione fisiologica, Niceforo prosegue, ricordando che alla necessaria fase preliminare, consistente nel ritorno della mente in sé e la sua discesa nel cuore, segue la pratica d’orazione propriamente detta. Quando la mente si trova nel cuore «non deve tacere o stare oziosa, ma avere il “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me” quale opera e meditazione continua senza alcuna sosta». La ripetizione della preghiera contenente il Nome di Gesù è la migliore arma contro i demoni, perché, «queste parole mantengono la mente stabile, la rendono inattaccabile e inaccessibile alle suggestioni del nemico e la elevano ogni giorno nell’amore e nel desiderio di Dio».

I due “manuali” della preghiera, il Metodo della santa preghiera e attenzione e il trattato del monaco Niceforo presentano perciò una pratica dell’orazione accompagnata da particolari tecniche psicofisiche, in precedenza sconosciute. Va sottolineato come questi metodi d’orazione siano indicati qui, come da alcuni contemporanei, con i termini oramai consolidati dalla tradizione, che vengono ad acquistare un nuovo e più ampio significato: pensiamo a nozioni quali «sobrietà», «attenzione», hesychia, «contemplazione», «custodia del cuore», e così via. La tecnica d’orazione era perciò inserita in un sistema spirituale, basato su queste e altre nozioni, che con Esichio di Batos erano giunte a sovrapporsi e a identificarsi. La tecnica psicofisica si innestava inoltre nella pratica ben più antica della preghiera di Gesù. Dobbiamo aggiungere che i metodi, consistenti in particolari posizioni corporee e in una disciplina respiratoria che accompagnavano la recitazione del Nome divino, apparivano tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo come qualcosa di nuovo o se non altro di inconsueto. L’autore del Metodo della santa preghiera e attenzione, avvertiva che «questa attività non si ritrova in molti», e dal trattato del monaco Niceforo si ricava la stessa impressione: i suoi interlocutori affermavano di aver conosciuto soltanto dalle sue parole l’esistenza di tale pratica. Le vicende biografiche di Gregorio il Sinaita, e soprattutto il fatto che nei primi anni del XIV secolo gli era stato possibile trovare in tutto il Monte Athos solo tre monaci iniziati da poco a questa tecnica di preghiera e la successiva opposizione suscitata dal suo insegnamento dei metodi, parlano sempre in questo senso.

(da A. Rigo, Introduzione, in Mistici bizantini, a cura di A. Rigo, Torino, Einaudi, 2008, pp. LXVI-LXIX)*

(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)

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